Lettere di Rifiuto: Come gli Editori hanno Risposto a 11 Capolavori Letterari

Un capolavoro letterario non viene sempre riconosciuto, e la sto­ria della letteratura è infatti costellata di grandi «no» pronunciati da editori e con­sulenti nei confronti degli scrittori o di al­cune loro opere.

La geniale Virginia Woolf, ad esempio, non volle pubblicare l’Ulisse di James Joyce, di­chiarando ufficialmente di «non essere tecnicamente all’altezza di uno sforzo edi­toriale così importante», salvo poi, in pri­vato, definire l’opera «prolissa, torbida, pretenziosa e plebea».

Judy Blume, Gertrude Stein, William Burroughs e D.H. Lawrence si sono tutti sentiti negare la pubblicazione delle proprie opere almeno una volta.  E mentre alcune di queste trovarono silenziosamente la propria dimora in un qualche cestino degli uffici editoriali, altri ricevettero un ulteriore schiaffo morale sotto forma di brutali critiche letterarie.

Il Telegrapraph, in un recente articolo,  ha raccolto le più irriverenti.

“Lolita” (1955) di Vladimir Nabokov

Vladimir Nabokov

«Per gran parte è nauseante, anche per un freudiano illuminato… è una specie di incrocio instabile tra una realtà orribile e una fantasia improbabile. Spesso diventa un sogno a occhi aperti nevrotico e selvaggio… Consiglio di seppellirlo sotto una pietra e tenerlo lì per almeno mille anni.»

Vladimir Nabokov, stabilitosi negli Stati Uniti, non rinunciò al suo “Lolita”, e dopo due anni di rifiuti da alcune prestigiose case editrici statunitensi (Viking Press, Simon&Schuster, New Directions, Farrar e Doubleday) riuscì a pubblicarlo in Francia nel 1955 con la Olympia Press, una casa editrice specializzata in narrativa erotica. Il libro diventò immediatamente quello che si chiama “un caso letterario”, apprezzato da scrittori e critici tra i più rispettati del tempo: quando Graham Greene lo lesse nell’edizione francese, in un’intervista al Sunday Times di Londra lo definì come «uno dei migliori romanzi dell’anno».

“Il Diario” (1947) di Anna Frank

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«La ragazza non possiede, a mio parere, una speciale percezione o sensibilità che sollevi quel libro al di sopra del livello di curiosità.»

Il testo del Diario, rivisto e redatto dal padre di Anna, Otto Frank, dopo svariati passaggi finì nelle nelle mani di una  coppia di storici olandesi, Jan Romein e Annie Romein-Verschoor, che dopo svariati tentativi, senza successo, di trovare una casa editrice interessata al libro, il 3 aprile del 1946 scrissero un breve articolo sul Diario sulla prima pagina del quotidiano Het Parool. Infine, fu la casa editrice Contact di Amsterdam a pubblicare il libro richiedendo però che venissero tolti alcuni passaggi in cui Anne Frank scrive della sua sessualità.

“Moby Dick” (1851) di Herman Melville

Herman Melville

«Primo, per sapere: deve essere proprio una balena? Capisco che sia un ottimo espediente narrativo, per certi versi addirittura esoterico, ma vorremmo che l’antagonista avesse un aspetto potenzialmente più popolare tra i giovani lettori. Per esempio, il Capitano non potrebbe essere in lotta con la propria depravazione verso giovani e magari voluttuose signorine?»

Questo è come, Peter J Bentley, redattore della casa editrice britannica Betley & Son, rispose a Melville in seguito all’invio del manoscritto di “Moby Dick”. Bentleyt finì per offrirgli comunque un contratto nel 1851, e “Moby Dick” venne pubblicato 18 mesi più tardi.

“L’amante di Lady Chatterley” (1928) di David Herbert Lawrence

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«Per il tuo bene, non pubblicare questo libro.»

Pubblicato per la prima volta nel 1928, l’opera considerata oscena, a causa dei riferimenti espliciti di carattere sessuale, venne messa al bando specialmente nell’Inghilterra del tempo, in piena morale vittoriana.

“Gli uomini preferiscono le bionde” (1925) di Anita Loos 

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«Ti rendi conto, ragazzina, che sei il primo scrittore americano a prendere in giro il sesso?»

“Gli uomini preferiscono le bionde” venne pubblicato solo nel 1925: considerando il successo ottenuto, quel primo rifiuto che ricevette risuona oggi come un gran riconoscimento.

“La campana di vetro” (1963) di Sylvia Plath

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«Miss Play ha dimestichezza con le parole e un occhio attento per le cose inusuali e i dettagli vividi. Ma forse, ora che si è disfatta di questo libro, la prossima volta userà il suo talento più efficacemente. Dubito che a qualcuno mai venga in mente di leggere questo libro, quindi potrebbe avere una seconda possibilità.»

La casa editrice di New York, Alfred A. Knopf, respinse il romanzo una prima volta nel 1963 quando l’autrice lo presentò sotto lo pseudonimo di Victoria Lucas. Dopo aver realizzato che era stato scritto invece da Plath, la quale aveva già pubblicato un paio di sillogi poetiche, l’editore lo rilesse, inviando, tuttavia, una seconda lettera di rifiuto. Riuscì anche a scrivere il vero nome dell’autrice in tre diversi modi, tutti sbagliati. «La prossima volta» non ci fu mai perchè Sylvia Plath si suicidò  l’11 febbraio del 1963.

“La spia che venne dal freddo” (1963) di John Le Carré

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«Benvenuto in Le Carré, non ha nessun futuro.»

Un messaggio di un editore a un suo collega per introdurgli la lettura del manoscritto di Le Carré.

“La fattoria degli animali” (1945) di George Orwell

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«Concordiamo che sia un notevole scritto, che la favola è trattata con grande abilità e che la narrazione di per sè mantiene vivo l’interesse: qualcosa che pochi autori sono riusciti a raggiungere da Gulliver in poi. Tuttavia, non siamo convinti (…) che questo sia il giusto punto di vista da cui criticare l’attuale situazione politica. (…) I suoi maiali sono molto più intelligenti degli altri animali, e perciò sono i più qualificati per gestire la fattoria – in realtà non ci sarebbe potuta essere nessuna Fattoria degli Animali senza di loro: quindi qualcuno potrebbe sostenere che serva non più comunismo ma più maiali dotati di più senso civico. Sono molto dispiaciuto, perché chiunque pubblichi questo romanzo avrà naturalmente l’opportunità di pubblicare i suoi lavori futuri: e ho molta considerazione per i suoi lavori, perché lei è un esempio di scrittura di fondamentale integrità.»

“La fattoria degli animali” fu respinta nel 1944 dalla prestigiosa casa editrice Faber&Faber da T. S. Eliot, grande saggista, editore e scrittore.

“Carrie” (1974) di Stephen King

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«Non siamo interessati alla fantascienza distopica. Non vende.»

“Carrie”, primo romanzo di Stephen King a essere pubblicato, fu respinto così tante volte che l’autore raccolse tutte le note di rifiuto delle case editrici nella sua camera da letto. Venne poi pubblicato nel 1974 con una tiratura di 30 mila copie, vendendone l’anno dopo più di un milione.

Uno dei primi manoscritti (1912) proposti da Gertrude Stein

gertrude stein

«Sono uno, uno solo, soltanto uno. Un solo essere, uno in ogni istante. Non due, non tre, solo uno. Solo una vita da vivere, solo sessanta minuti in un’ora. Solo un paio di occhi. Solo un cervello. Essendo solo un singolo essere con un solo paio di occhi e una sola vita da vivere, non posso leggere il tuo manoscritto tre o quattro volte. Neanche una volta. Difficilmente se ne venderà una copia qui. Difficilmente una. Soltanto una».

Arthur Fifield, il fondatore della casa editrice britannica AC Fifield, con queste parole scrisse a Gertrude Stein dopo aver ricevuto il primo dei suoi manoscritti.

“Fiesta” (1926) di Ernest Hemingway

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«Se posso essere schietta, signor Hemingway – lei sicuramente lo è, nella sua prosa – ho trovato il suo libro noioso e offensivo al tempo stesso. Lei sicuramente è un “vero uomo”, non è così? Non sarei sorpresa di scoprire che ha scritto tutta la storia chiuso dentro a un club, con il pennino in una mano e un bicchiere di brandy nell’altra»

“Fiesta (Il sole sorgerà ancora)” fu il primo romanzo dello scrittore statunitense Ernest Hemingway, pubblicato a New York nel 1926, dopo però esser stato rifiutato da Moberley Luger della casa editrice Peacock & Peacock nel 1925.