Agosto 2016 non è stato un buon mese per Google e il suo progetto di guida autonoma: Anthony Lewandoski, l’ideatore della self-driving car, ha lasciato l’azienda di Mountain View per lavorare con Otto, la compagnia dedicata ai self-driving trucks di Uber. Poco dopo è toccato a Jiajun Zhu, colonna portante del progetto, che ha preferito unirsi a Nuro, startup di intelligenza artificiale. Per ultimo, ma non per importanza, Chris Urmson, direttore tecnico del Google Driverless Car Project, che a fine mese ha lasciato l’azienda.
Dopo diverse voci che volevano l’accoppiata guida autonoma-Google ormai al capolinea, il 13 dicembre l’azienda californiana aveva invece annunciato la nascita di Waymo, società specializzata in ricerca di nuove tecnologie di guida, controllata da Alphabet (la holding cui fa capo il motore di ricerca) e capitanata dall’ingegnere Sebastian Thrun, direttore del laboratorio di intelligenza artificiale di Stanford e co-inventore di Google Street View.
Il 2017 sembrava quindi essere iniziato con il piede giusto. Almeno, fino allo scorso 26 gennaio, quando Tesla ha presentato una querela ai danni di Urmson: a quanto pare l’ex dipendente di Google da diverso tempo lavorava segretamente con Sterling Andreson, former director di Tesla Autopilot. I due però, non lavoravano certo per Tesla, ma per Aurora Innovation, la compagnia di self-driving car fondata dal primo.
Stando a quanto riportato nei documenti presentati dalla società di Musk alla corte californiana, pare che Anderson abbia “rubato migliaia di gigabytes di dati” dai database di Tesla Autopilot, informazioni probabilmente confluite nei progetti di Aurora Innovation.
Aveva dichiarato Urmson subito dopo il suo licenziamento. Parole che non sembrano far intuire la volontà di fondare una propria azienda. Potrebbe l’ex dipendente di Google aver volutamente nascosto la nascita della sua startup? Potrebbe Urmson, come Andreson, aver rubato informazioni riservate dai database di Google per Aurora?