L’8 novembre del 2016 il primo ministro indiano, Narendra Modi, ha colto di sorpresa la popolazione del Paese asiatico annunciando una grande campagna di demonetizzazione: per combattere la corruzione e la contraffazione di denaro, il governo ha deciso di ritirare dalla circolazione le banconote da 500 e da 1000 rupie, circa l’86% del denaro contante che circolava in India.
Subito è scattata la corsa ai ripari: costretti a “bandire” le vecchie rupie entro il 30 dicembre dello stesso anno, molti indiani hanno versato i loro risparmi su conti postali o firmato contratti con banche online.
La decisione presa da Modi ha dato il via a un processo di completa digitalizzazione della società, inaugurata con l’introduzione dei sistemi computerizzati Aadhaar e India Stack: analizziamo insieme il passato del Paese, per meglio comprendere come si è giunti alla trasformazione economica e sociale dell’India.
LE FONDAMENTA DEL NUOVO SISTEMA FINANZIARIO
Fino a 8 anni fa, metà della popolazione indiana era sprovvista di carta di identità o, addirittura, del certificato di nascita. Non possedendo documenti, per chiunque era impensabile accedere a servizi bancari e assicurativi, conseguire una patente di guida o avviare una propria attività.
La svolta è arrivata nel 2009: lo Stato ha introdotto Aadhaar, un database biometrico in grado di registrare e identificare un qualsiasi cittadino grazie a impronte digitali e scannerizzazione della retina.
Aadhaar si è rivelato il progetto digitale nazionale più grande e di successo di sempre: secondo i dati riportati dal governo, nel dicembre del 2016 già un miliardo e cento mila persone, quindi il 95% della popolazione indiana, poteva provare la propria identità grazie all’identificazione digitale.
Il database è stato il primo passo verso l’ammodernamento dell’India. Il prossimo? Il sistema computerizzato India Stack.