Il PropTech vola sul tetto del mondo. E continuerà a svettare anche nel prossimo futuro. Almeno queste sono le attese di investitori e startup in quello che è stato uno dei settori industriali più innovativi dell’ultimo anno. Ne avevamo parlato qui, raccontando anche il debutto di P101 nel settore. A raccogliere il sentiment del comparto, che mescola una industry tradizionale come quella delle costruzioni alle tecnologie più d’avanguardia, è ora il Global PropTech Confidence Index, report realizzato da Metaprop, società di Venture Capital newyorkese specializzata nel settore, insieme alla Royal Institution of Chartered Surveyors (RICS) – organismo professionale globale che promuove e applica i più alti standard internazionali nella valutazione, gestione e sviluppo di terreni, immobili, costruzioni e infrastrutture – e al Real Estate Board of New York (REBNY), la principale associazione di categoria degli operatori del real estate. L’indice viene realizzato a cadenza semestrale e si basa sull’intervista di un campione di investitori e startup del PropTech, allo scopo di sondare il loro entusiasmo rispetto al settore. Nell’ultimo aggiornamento – che riguarda la prima metà del 2019 – l’indice di confidenza degli investitori ha raggiunto il record di tutti i tempi, piazzandosi a 8,8 (su una scala che arriva a 10), spinto dalle attese di crescenti M&A e dall’ingresso di investitori sempre più grandi e diversi. Altro dato interessante che emerge dal report è il numero medio degli investimenti realizzati dagli intervistati, pari a 4,8: un’ulteriore conferma di questo sentiment positivo. Anche l’indice di confidenza delle startup del settore ha toccato i massimi di sempre, a quota 7,3: in questo caso la corsa è stata trainata da ricavi e profitti che negli ultimi 12 mesi hanno segnato crescite importanti, facendo aumentare le prospettive per le stesse startup di essere acquisite, quotarsi o accedere a nuova liquidità nel corso del prossimo triennio (lo credono, a giugno 2019, il 43% dei CEO contro il 28% di un anno prima). Ma non basta: a metà del 2019, il 96% degli investitori in PropTech (rispetto all’87% di fine 2018) si attende che le acquisizioni aumenteranno nei prossimi 12 mesi e l’80% delle startup crede che nel prossimo anno sarà più facile raccogliere capitali (rispetto al 73% che lo affermava a fine 2018).
Insomma, è davvero un momento d’oro per il PropTech. Con ulteriori spazi di crescita: soprattutto in Asia e in Australia dove il mercato è maggiormente sottosviluppato. In generale, soprattutto in Nord America e nei mercati evoluti, lo spazio di investimento si sta facendo più competitivo con l’ingresso di fondi di maggiori dimensioni e nuovi investitori, che dovrebbero portare le valutazioni ad aumentare così come il numero di deal. L’unico neo che potrebbe macchiare questo percorso tutto in salita è l’incertezza riguardo alle prossime elezioni Usa, che si farà sentire a partire dalla fine del 2019. Tuttavia questo è il momento ideale per entrare nel comparto, se è vero che il 64% degli investitori progetta di investire di più nei prossimi dodici mesi e il 27% di non ridurre gli investimenti. L’area giudicata più interessante è quella dello smart building (36%) seguita da quella delle costruzioni e dell’architettura (25%) e da finanza e investimenti (23%). Il 68% degli investitori si aspetta che le società del PropTech rispetteranno le proprie guidance e il 23% che faranno meglio delle attese.
Anche i CEO delle startup sono di questo avviso: solo il 16% non si attende crescita dei profitti, mentre il 28% crede di raddoppiarli o triplicarli, e il 25% di vederli crescere di 5 volte in un anno. Non a caso l’86% delle startup crede che assumerà da 1 a 20 persone nel corso del prossimo anno.
Vale la pena far un piccolo inciso su chi sono le startup oggetto dell’indagine: per quasi la metà si tratta di società operative da uno a tre anni e per il 28% da 3 a 5 anni (solo l’11% e nel primo anno di vita). La maggior parte si colloca in una dimensione tra 6 e 20 persone (il 32%) e il 42% ha meno di 6 persone (di queste il 15% consta solo dei founders). La metà ha registrato utili tra i 100mila dollari e i 3 milioni, mentre il 23% sotto i 100mila dollari e il 14% non ha utili. Il 56% ha sede negli Usa e il 26% in Europa.
A cura di Giuseppe Donvito, Partner P101