Probabilmente ci si è già accorti come, continuando a dibattere su problemi di facciata in grado solo di fomentare divisioni e idealismi, articolo 18 in primis, di certo non si andrà lontani sulla strada della crescita: sono necessari interventi più profondi e uno di questi, come suggerito dal documento edito dalla società di consulenza McKinsey intitolato “Investire nella crescita: idee per rilanciare l’Italia”, è il rilancio degli investimenti privati che, precipitati solo in Italia tra 2007 e 2012 di 90 miliardi di euro, sono i principali indiziati del crollo del PIL, nel BelPaese come all’estero.
Quali sarebbero le alternative? Un aumento dei consumi privati, ipotesi che appare alquanto remota o un aumento della spesa pubblica, che, inutile dirlo, suona del tutto anacronistica (una sola parola: patto di stabilità). L’aumento dell’export avvenuto negli ultimi anni ha fatto da stampella all’evoluzione del PIL, ma non è stato sufficiente a contrastare la recessione.
Secondo l’articolo di McKinsey, le imprese europee siedono su una pila di “Excess cash”, ossia liquidità al di sopra delle esigenze di finanziamento a breve termine non investita in progetti di sviluppo. Nel nostro Paese ciò avviene principalmente per due ragioni: la prima, è un’assenza di previsioni positive per il futuro sui consumi, la seconda, tutta italiana, riguarda la difficoltà di “fare impresa” (dolorosa è la posizione dell’Italia nelle classifiche riguardanti questo argomento). Il risultato è che gli investimenti nel Paese sono crollati, proprio mentre gli investimenti all’estero delle imprese italiane tra 2007 e 2012 sono quasi raddoppiati: l’occupazione in Italia di certo finisce per non beneficiarne.
Ma quali sono i fattori che possano rilanciare gli investimenti? Due sono le leve principali: da un lato, il metodo dell’ “attivismo microeconomico” prevede di eliminare i freni agli investimenti privati che sono peculiari ad ogni settore; per fare ciò è necessario conoscere a fondo il comparto e operare sistematicamente partendo da quelli che più hanno perso in investimenti (commercio, costruzioni…); il governo, attivando tavoli di lavoro con le imprese e affidandosi a competenze provenienti dalla sfera privata, può “sbloccare” dei settori chiave per lo sviluppo italiano. Dall’altro lato è necessario rilanciare l’ottimismo e la possibilità di fare impresa in Italia. In questo caso gli argomenti da affrontare sono quattro: giustizia civile, burocrazia, fisco e rigidità del mercato del lavoro.
Nulla di nuovo sotto il sole dunque ma “repetita iuvant”, sperando che il 2014 ci riporti sul cammino della crescita.
Photo credit: FutUndBeidl / Foter.com / CC BY