Viviamo in un periodo storico nel quale per la prima volta il sapere è alla nostra portata in modo pressoché illimitato. Nell’epoca di internet, dove tutte le fonti non sono certe e nessuno è mai d’accordo su nulla, circola molta più conoscenza di sempre e ciò ci consente di prendere decisioni migliori di un qualunque esperto a patto di sapere come muoversi.
Se questa è dunque l’epoca della “selezione dell’informazione”, come ben spiega Nate Silver nel suo libro “Il segnale e il rumore. Arte e scienza della previsione“, quello da cui dobbiamo difenderci è proprio il sovraccarico informativo che compromette il nostro processo decisionale, tra l’altro a priori già influenzato da aspetti endogeni quali il nostro coinvolgimento emotivo, la nostra sensibilità, i nostri interessi.
Provo a chiarire quest’ultimo punto: ogniqualvolta ci accingiamo ad effettuare un qualsiasi acquisto o a sottoscrivere un contratto con una controparte che ha un interesse nel proporcelo, analizziamo le informazioni che ci vengono fornite con naturale diffidenza in quanto la persona che ce le propina ha un interesse contrapposto al nostro (ma entrambi vogliono concludere un buon affare).
Viceversa se un medico prescrive al paziente una determinata medicina per curare un certo male, non possiamo certo pretendere che il medico assuma egli stesso il medicamento per dimostrarne l’efficacia; il medico non è affetto dalla stessa patologia del paziente e non ha bisogno della medicina. Questi principi possono essere applicati in ogni campo, ma trovano nel settore finanziario forse l’unico in cui l’informazione può considerarsi incontrovertibile in quanto tutti gli attori coinvolti hanno tutti il medesimo fine: fare soldi.