Volare leggeri con un solo e piccolo bagaglio a mano: sembra questa la linea evolutiva del passeggero medio di ogni linea aerea. La conferma arriva anche dai dati pubblicati dal Dipartimento dei Trasporti degli Stati Uniti, che ha ravvisato nel 2013 un calo del 4% dei ricavi nell’imbarco dei bagagli in stiva, fissandosi a $3.35 miliardi complessivi, rispetto ad un 2012 che aveva comunque segnato in questa voce il massimo di utili nel settore con $3.49 miliardi.
La palma dei ricavi è della Delta Airlines con $833mil, seguito dalla United con $624mil, $527mil e $505mil rispettivamente per U.S. Airways e American Airlines; più staccata invece la Spirit con 211 milioni. Una differenza, quest’ultima, che non sorprende visto il tipo di passeggero medio che sceglie di volare low-cost, e che ha spinto anche in Europa Ryanair, la maggior compagnia a basso costo del vecchio continente, ad una nuova politica tariffaria che ha portato a ridurre nel 2014 i costi dell’imbarco bagagli da €60 a €30 al check in e a €50 al gate.
Il calo registrato si deve poi anche alle politiche aziendali e promozionali delle varie compagnie: “Ci sono più persone esenti dal pagamento delle tasse perché queste usano i punti fedeltà o le carte di credito della compagnia aerea” spiega alla NBC Robert Mann dell’American Airlines. “Oggi i passeggeri che sono assaliti dalle tasse sul bagaglio sono coloro che viaggiano saltuariamente che, però, spesso, si spostano con altri mezzi come la macchina o gli autobus di linea.”
La perdita di profitto sui bagagli, purché di dimensioni ridotte, non è sicuramente una buona notizia per una industria che ha tra il 75 e 85% dei ricavi dai passeggeri e che nel 2012 ha avuto un utile netto stimato di solo $4 dollari per biglietto venduto. Inoltre la competitività del mercato dovuta alla liberalizzazione dei prezzi e alla concorrenza delle compagnie low-cost ha portato a una serie di promozioni e sconti per le quali si calcola che meno del 10% dei passeggeri totali paga il prezzo intero del biglietto, molti dei quali sono viaggiatori d’affari che comprano last minute. Il tutto in un contesto dove i frequent flyers, coloro cioè che effettuano in un anno più di 10 viaggi, nonostante rappresentino soltanto l’8% dell’utenza, coprono circa il 40% delle tratte percorse in un anno.
Al calo dei bagagli in stiva si contrappone la crescita di altre voci come ad esempio quella sulla tassa per il cambio prenotazione o biglietto, salita a $2.81 miliardi con un incremento rispetto al 2012 del 10%. Inoltre le compagnie stanno puntando sempre di più su altre fonti di ancillary revenue, punto di forza oggi delle compagnie low-cost, cioè tutti quei servizi accessori dedicati ai viaggiatori, dal catering e alla vendita dei prodotti a bordo fino a visione di film, offerta di intrattenimento, servizi di easy boarding, vendita di pacchetti di viaggio, sedili più ampi o menu speciali.
Secondo dati della IATA (International Air Transport Association) questi servizi hanno portato globalmente ad un ricavo maggiore di $13/passeggero e si prevede per il 2014 un aumento ancora maggiore di $5.94/passeggero. Compagnie come la KLM, ad esempio, fatturano annualmente $90 milioni solo per gli extra sul confort dei sedili nella economy class o, come la Southwest, $161milioni coi soli servizi di imbarco rapido.
In definitiva sono state proprio le compagnie aeree a modificare la fisionomia dei propri passeggeri negli anni e anche oggi ne stanno riscrivendo i tratti: viaggiatori di fiducia che al grande bagaglio in stiva preferiscono i piccoli vizi in cabina.