I musei, negli Stati Uniti, sono pressoché tutti nati e sopravvissuti grazie a finanziamenti dai privati.
Come riporta il Sole24Ore in un sondaggio, il 73,8% dei musei statunitensi ha una governance privata o non-profit: questi infatti godono di benefici fiscali.
Un finanziamento, più o meno cospicuo, porta inevitabilmente ad una detrazione delle tasse creando un circolo virtuoso per cui i grandi ricchi sono spronati ad investire nelle istituzioni culturali e quest’ultime guadagnano, così, grandi sovvenzioni che portano ad un miglioramento delle istituzioni stesse.
Differisce, quanto meno per la governance, il Metropolitan Museum of Art di New York diventato attrazione principale della città attraendo milioni di visitatori ogni anno.
Nel suo caso specifico, la volontà della città era quella di creare, nel lontano 1876, un museo d’arte pubblico che ne diventasse suo simbolo. Il museo fu eretto su terreno comunale dando la possibilità ai visitatori, di tutti i ceti sociali, di potervici entrare.
L’accordo mise in previsione l’ingresso libero 4 giorni, almeno, a settimana.
Diciassette anni dopo venne aggiunto un giorno, si passò, quindi, da 4 a 5 giorni, più due sere.
Il grande cambiamento fu negli anni ’70 quando, dopo gravi problemi economici, il museo rese l’accesso al pubblico libero 7 giorni su 7 con la condizione di pagare una somma obbligatoria, a discrezione del visitatore stesso. Il suggerimento, da parte del museo, era la cifra di 25 dollari, ma dal 1970 ad oggi sono stati davvero in pochi a pagare così tanti soldi. Il visitatore ha infatti la possibilità di pagare un dollaro, o solo pochi centesimi.
I milioni di visitatori annui hanno così portato, in 40 anni trascorsi, milioni di dollari nelle tasche del museo, ma non abbastanza per le previsioni fatte e il denaro investito in mostre temporanee.
Si è arrivati al giorno d’oggi: la notizia shock di reintrodurre il biglietto a pagamento dopo 100 anni.