Ogni giorno cartelloni pubblicitari, programmi televisivi e annunci on-line ci propinano martellanti la filosofia del “volere è potere”. Non importa chi tu sia davvero, chiunque oggi può permettersi l’illusione di appartenere all’upperclass.
Abiti noleggiati, coupon per ristoranti stellati, limousine prenotate via smartphone: in un mondo dove ciò che conta è la prima impressione chiunque può fingersi potente e facoltoso. E ai veri ricchi, quindi, cosa rimane? Proprio loro, paradossalmente, hanno ora interesse a riportare al centro della scena la sostanza, al di là delle firme, dei capricci e della sregolatezza. Un dettaglio che spesso ci si dimentica è che anche i ricchi lavorano. Non tutti, certo, ma è scientificamente provato che i soldi spingano alla ricerca di altri soldi, che il lavoro porti lavoro e che i patrimoni non si creano per caso.
Il manager della grande multinazionale ha un’agenda fittissima: ore 9 ufficio, riunioni e verifiche, pausa pranzo di un’ora e poi di nuovo viaggi e monitoraggio dei progetti in corso. Certo, non si tratta di lavori di facchinaggio, ma come fa quell’uomo sulla cinquantina sempre impegnato a sembrare un trentenne? La sua pelle è frutto di centinaia di euro di prodotti cosmetici e trattamenti contro rughe, impurità, segni dello stress e mancanza di sonno. Non fuma, ha smesso da qualche mese grazie a brevi e costosissime sedute di terapia, mangia solo biologico e certificato, niente grassi idrogenati, sta attento alle calorie e ad assumere i giusti apporti nutrizionali: si sa, ben nutriti si lavora meglio. Gli sgarri, magari a una cena di lavoro, ci stanno ma sono messi in preventivo, non fanno paura: mezza giornata in una spa e ti depuri. Il CEO non si deve svegliare alle 5 per andare in fabbrica e non ha turni di notte: lui, la mattina, fa sport. Anche il NewYork Times aveva segnalato che le aziende preferiscono assumere manager e dirigenti con la passione dello jogging o della maratona perché sono più tonici, resistono meglio allo stress, anche a una certa età.
L’aitante cinquantenne non ti mostra con supponenza tutto ciò che possiede, è lui stesso a emanare un’aura di benessere e potere. Ha infatti l’inestimabile privilegio di prendersi cura di se stesso: tempo, soldi e tecnologie a servizio della sua persona e non del resto del mondo. Così lo trovi la sera giocare a tennis al club del quartiere o nelle palestre delle vie più centrali, lo vedi disinvolto nel negozio sportivo a comprare l’ultimo paio di scarpe da corsa e in erboristeria a rifornirsi di tisane e integratori naturali. Sempre più spesso lo puoi notare la mattina al parco, equipaggiato come un atleta olimpico, mentre fa jogging col suo cane. Il simbolo del benessere economico per eccellenza si sta sempre più legando a ciò che del denaro per definizione non ha bisogno: che costo ha, in fondo, una corsa ogni mattino?
La routine, sempre più frenetica e complicata, ci stressa. Siamo appesi alle lancette dell’orologio, in bilico fra la paura della precarietà e la voglia di cambiare il mondo, tra l’ombra dell’inadeguatezza e l’aspettativa dei più alti successi. Neanche il CEO sfugge a questa tagliola, né tantomeno vive in un mondo di allori distaccato dalla realtà. C’è però una cosa che l’upperclass sembra potersi permettere più del resto della società, più dello studente alle prese con gli esami in università e del libero professionista oppresso dalle scadenze: la sicurezza economica per dedicarsi a ciò che nella vita vale davvero. Così, in un mondo sempre più caotico, la carta vincente potrebbe essere proprio la lucidità del distacco dal giudizio degli altri e la dedizione a quegli ingranaggi, semplici e perfetti, che se ben oliati possono essere la chiave del successo. Alla fine è questo che ci richiede la vita, no? Attenzione, agilità e allenamento.