Oriente Contro Occidente: Il Mito di una Frattura

La guerra che da alcuni mesi ormai divampa in Ucraina, l’avanzata dell’ISIS in Iraq, le tensioni che da anni attraversano il Nord Africa e il vicino oriente, la rinnovata contrapposizione tra Russia e Stati Uniti, sembrano riproporre con nuova forza l’idea di una frattura tra un occidente civilizzato e democratico e un oriente tirannico e barbarico. Il mito di una frattura tra due mondi non è affatto nuovo, e, anzi, affonda le sue radici nella storia, ma se con la fine della Guerra Fredda tale modello sembrava aver perso tutto il suo valore esplicativo, dopo l’11 settembre 2001 esso ha ritrovato la sua forza e la sua presa nelle coscienza della gente.

Ma cosa c’è dietro a tale mito? Stiamo davvero assistendo a quello scontro di civiltà che già nel 1996 S.P. Huntington profetizzava? Tale scontro si ripropone sempre tale nel corso della storia, quasi ad identificare un processo metastorico caratterizzante l’evoluzione mondiale? E, soprattutto, i paesi a potersi fregiare del titolo di occidentali sono sempre gli stessi o  mutano al mutare degli eventi? Ci è pertanto utile riflettere anche solo brevemente sulle radici di una teoria che vuole essere esplicativa delle dinamiche che caratterizzano il mondo contemporaneo, e a cui noi europei, volenti o nolenti, diamo ampio credito. Chi, infatti, avrebbe dubbi a considerarsi occidentale?

Eppure la vecchia Europa, per secoli autoproclamatasi fulcro e cuore pulsante della civiltà occidentale, sta perdendo la sua centralità nel sol calante. Se è ormai accettato pacificamente che siano gli Stati Uniti il nuovo modello ispiratore dell’occidente, in pochi si stanno accorgendo di come esso, l’occidente, sta spostando  il proprio baricentro verso l’area pacifica: Australia, Nuova Zelanda, Singapore, Taiwan,e addirittura il Giappone non sono, forse, ormai pienamente integrate nella civiltà occidentale? E poco ancora manca perché anche la Cina (terra orientale per antonomasia) entri a tutti i diritti nella sfera occidentale.