Dario Spallone ha 21 anni, romano di origine e milanese di adozione, diplomato alla scuola americana e laureato all’Università Bocconi. È uno dei quattro soci di D1 Milano, un nuovo brand di orologi che in soli 6 mesi ha registrato il sold out della sua prima collezione. Gli altri protagonisti del progetto sono: sua sorella Alessia Spallone, Mattia Bodini e Alessandro Pedersoli. Hanno tutti tra i 20 e i 30 anni e sono un gruppo eterogeneo in cui confluiscono una formazione economica, esperienze nel campo della distribuzione, buone capacità comunicative e una expertise di design industriale. Con Dario ho parlato di buone idee, approccio giusto e opportunità: la triade fondamentale per portare al successo la propria idea imprenditoriale.
D1 (evidente il richiamo fonetico a The One) ruota intorno a tre elementi chiave: design italiano, materiali di qualità e finiture speciali: possiede tutti gli attributi estetici dell’orologeria di nicchia ad un prezzo decisamente concorrenziale ed accessibile a un pubblico esigente, ma che non ama gli eccessi. Costruito in nylon fibra di vetro e dotato di un rivestimento satinato opaco, il quadrante rosso in forte contrasto col nero del cinturino ha attirato subito la mia attenzione. È distribuito in 30 negozi di fascia alta in tutta Italia, anche se il successo maggiore, mi racconta, è stato riscontrato soprattutto a Roma e Milano dove è avvenuto il lancio a febbraio 2013 in occasione della Settimana della Moda.
Photo credit: D1 Milano
“Quest’estate mi trovavo in Puglia e mi è capitato di incontrare tre ragazzi pugliesi che lo avevano al polso, considera che nella regione non abbiamo nessun rivenditore”, mi racconta.
Dario, com’è nato D1 Milano?
Il progetto è nato a partire da un’idea semplice: creare un fashion watch che fosse la sintesi perfetta di quei dettagli che hanno fatto grandi i maggiori marchi del settore. Con Alessia, Mattia ed Alessandro abbiamo allora dato vita ad un gruppo che, grazie al know- how necessario nei settori strategici chiave, potesse creare un prodotto di successo. Il lancio dell’orologio è avvenuto a febbraio 2013. Negli stessi mesi, dopo che il prodotto era già sul mercato, io ho scritto la mia tesi di laurea focalizzandomi sulla strategia che stavamo utilizzando per l’implementazione. Lo stesso business plan lo abbiamo poi presentato in occasione del bando indetto da Speedmiup, un acceleratore di startup creato da Comune di Milano, Camera di Commercio di Milano e Università Bocconi, dove ci siamo piazzati al primo posto.
Cosa sta facendo la differenza nella vostra esperienza imprenditoriale?
Il supporto offertoci da Speedmiup è per noi fondamentale in questa fase. Siamo dei neofiti nel settore e nel mondo imprenditoriale. Bisogna considerare che il passaggio dalla teoria alla pratica è sempre abbastanza brusco. I consulenti che abbiamo a disposizione ci stanno aiutando molto. Quando inizi hai bisogno di qualcuno che ti spieghi quali documenti essenziali preparare, che ti aiuti a gestire la burocrazia e che ti sproni a creare continuamente una road map. Ci fanno sbagliare con la nostra testa e poi ci spiegano come correggere i nostri errori: abbiamo imparato tutti molto nell’ultimo anno.
Inoltre è fondamentale “sapersi vendere”, si possono avere i contatti giusti, sapere a quali persone rivolgersi, ma nessuno entrerà mai a far parte di un progetto mal strutturato o mal presentato. Devi fare innamorare le persone di te, della tua idea e della passione che metterai nel realizzarla. Le esperienze nel mondo della distribuzione ci hanno aiutato, è vero, ma poi il valore aggiunto, quello che determina se il mercato ti punirà o ti premierà, è sempre personale.
A molti potrebbe apparire sinistra la scelta di entrare nel mercato dell’orologeria, cosa distingue i vostri orologi?
D1 non si propone di essere solo un orologio, ma si presenta come un’esperienza completa. Il nuovo packaging, la membership e il customer service ne sono un esempio. Vogliamo trasmettere il senso di community, dell’appartenenza. Lo sviluppo continuo di idee è fondamentale, non bisogna mai fermarsi, ma continuare a creare. Noi lo facciamo rifacendoci al concetto di magia, al continuo divenire del tempo e alla dinamicità. I nostri orologi sono l’espressione dell’ambivalenza che ci aspettiamo appartenga anche ai nostri clienti, da cui l’ossimoro oggetto di nicchia/ lusso percepito.
Pensi che anche altri ragazzi così giovani potrebbero sviluppare un business con successo?
Sì, credo di sì. Bisogna solo avere un’idea buona e ricordarsi che poi, la cosa fondamentale, è intraprendere le alleanze strategiche giuste. Noi per fortuna, al momento, possiamo permetterci di non avere soci finanziari, ma solo operativi: questo ci garantisce un’ampia libertà di scelte. Siamo determinati, aperti alle critiche e al dialogo con tutti: bisogna sempre ricordarsi che, in fondo, siamo tutti ignoranti.