Come hanno agito gli organi monetari delle più grosse aree economiche del pianeta durante la crisi economica? Dopo varie manovre, tra cui il taglio netto dei tassi di interesse (dal 5,25% dell’estate 2007 allo 0,25% del dicembre 2008), la risposta della Federal Reserve alla crisi economico-finanziaria è stata quella di attuare delle manovre di alleggerimento quantitativo (QE), che consistono in piani di acquisti di assets per un controvalore predeterminato con l’obiettivo di iniettare denaro nell’economia a basso costo. Ben 85 miliardi di dollari al mese immessi nel sistema, che fanno crescere la borsa e scendere i tassi di interesse, facendo sì che sia più facile prendere a prestito. Ciò spinge ovviamente le imprese ad investire di più, le famiglie a prendere più denaro a prestito, creando più occupazione e contribuendo a far crescere il Pil. Questo è quello che succede in USA. La FED ha comperato tutto quello che aveva in potere di comprare pur di rimettere in moto l’economia.
La BCE di Mario Draghi ha invece cambiato le proprie politiche durante la crisi del debito europeo attraverso i Piani di Rifinanziamento a Lungo Termine (LTRO). Si sono così allungati i tempi di concessione del credito alle banche, nelle sue aste settimanali di liquidità, ad un tasso d’interesse bassissimo. Si è così scelto di facilitare il modo per le banche di prendere a prestito denaro. A causa però del malfunzionamento del canale bancario questi soldi finiscono per non giungere a destinazione, ovvero alle imprese.
La sostanziale differenza è dunque che la FED acquista direttamente qualsiasi titolo, mettendo in pancia, ovvero a bilancio, ogni tipologia di titolo (tra cui i famosi Mortgage Backed Securites, bombe a mano che hanno innescato la crisi dei mutui subprime). Cosa che la BCE non fa; o meglio non può fare.
In molti si saranno chiesti il motivo per cui la Banca Centrale Europea (BCE) guidata da Mario Draghi non segua la linea della Federal Reserve che, detto in modo rustico, si limita a stampare moneta. Non è un motivo economico, ma politico-istituzionale.
Guardando ai fondamenti dell’Unione Europea e del suo massimo organo monetario, basta soffermarsi sull’articolo 125 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione, meglio conosciuto come la “no bail-out clause”, che proibisce alla stessa BCE di finanziare direttamente il debito dei Paesi dell’Unione nel mercato obbligazionario primario, acquistandone le obbligazioni (obbligazioni di imprese o titoli di Stato, per esempio). Questo, per l’obiettivo primario della BCE, che è il mantenimento della stabilità dei prezzi. La FED, invece, ha uno scopo che, come si dice in gergo, è duale, ovvero deve cercare di promuovere in modo efficiente gli obiettivi della massima occupazione, dei prezzi stabili e di tassi di interesse a lungo termine moderati.
Essendo quello europeo un trattato, esso è modificabile solo per volontà dei singoli Stati. Poco possono fare i banchieri del board di Francoforte, mentre molto di più può fare la volontà politica.
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