Ora che gli smartphone e la loro connessione dati sono diventati praticamente una necessità, soprattutto fuori casa, non è raro vedere molte persone infastidite quando le pagine internet non si caricano o le app per cui è necessario avere una buon accesso alla rete funzionano a rilento. Per non parlare delle “zone morte” in cui d’un tratto il segnale della connessione sparisce proprio nel nulla.
Tutti questi fastidi potrebbero essere risolti una volta per tutte da una startup statunitense: Artemis. Fondata da Steve Perlman, l’imprenditore e inventore che c’è dietro a OnLive, WebTv e Quicktime, ha sviluppato una tecnologia che promette di porre fine ai problemi dell’attuale connessione. Si tratta di pCell, una tecnologia che permette una connessione ad internet potenzialmente 1000 volte più veloce rispetto agli standard basati su reti 4G LTE. L’innovazione rispetto alle tecnologie odierne è notevole.
I generatori di celle tradizionali trasmettono un segnale che evita l’interferenza, creando delle celle molto larghe, dai 50 metri ai 5 kilometri circa. Tutti i mobile, a volte centinaia, dividono la stessa cella, ognuna occupa una frazione dello spettro, e quindi c’è una divisione della capacità totale della cella. pCell invece usa una trasmissione a segnale radio, nella quale le celle interferiscono deliberatamente una con l’altra, combinandosi per sintetizzarsi in celle più piccole, ognuna di circa un centimetro di dimensioni. Si usano quindi delle interferenze “costruttive” opposte a quelle “distruttive” che invece creano le zone morte della rete wireless tradizionale.
Ogni device con questa tecnologia ha la propria pCell (personal cell) che sfrutta l’intera capacità disponibile. Diventerà quindi possibile avere un’ottima connessione nonostante il grosso affollamento dell’area in cui ci si trova. Accanto alla migliorata potenza del segnale e alle performance raggiungibili in velocità, pCell punta sul risparmio energetico: per la trasmissione dei dati, infatti, ciascuna cella usa appena 1 milliwatt di potenza. Si tratta di un valore molto basso rispetto al caso dei comuni router Wi-Fi (100 milliwatt), degli altri dispositivi per la ricezione e l’invio di dati Wi-Fi o comunque WLAN, per non parlare delle antenne della telefonia mobile di tipo tradizionale.
Inoltre, un altro aspetto importante di questa tecnologia, è la maggiore convenienza dell’impianto necessario all’emissione del segnale. Il costo delle tradizionali cell tower si aggira intorno ai 150mila dollari, che tra le altre cose sono purtroppo tristemente note per esser state teatro di numerosi incidenti sul posto di lavoro.
Le pWave radios invece sono piccoli dispositivi di design, resistenti all’acqua che possono essere installati sia all’interno che all’esterno degli edifici, e la prima prova è stata realizzata a febbraio alla Columbia University. L’ultimo importante vantaggio consiste nell’applicazione diretta agli smartphone Android e Apple, e pure a wearables devices, tv ultrahd, laptop. E verranno poi previsti in futuro anche dispositivi pCell-native.
Purtroppo la tecnologia è ancora lontana dalle dimostrazioni effettive. La difficoltà maggiore ovviamente sta nella necessità di ricezione continua dei dati ai generatori, andando a integrare i dati trasmessi dagli utenti, la location, i movimenti e le interferenze con gli altri oggetti solidi. Inoltre l’approccio di Artemis non è completamente unico: molte altre aziende hanno avuto idee simili, che comprendono teorie definite “reti MIMO”, e la cui scoperta può essere fatta risalire ai primi anni 2000.
Nonostante il lancio quindi la tecnologia è molto lontana dall’essere provata e dimostrata. Non è detto che giganti della tecnologia wireless come Verizon o AT&T lo adotteranno fino a che la scarsa dimensione della banda non permetta di abbassare i prezzi dei dati. Le prime sperimentazioni stanno partendo proprio in queste settimane a San Francisco e, se tutto andrà bene, nel 2015 la tecnologia pCell dovrebbe essere diffusa in maniera più capillare.