PSD2, una partenza in salita per l’Open Banking europeo

open banking

La PSD2 è un’opportunità. È quanto pensa ben l’81% degli istituti finanziari europei in merito alla direttiva UE entrata in vigore il 14 settembre 2019 con l’obiettivo di rivoluzionare il settore dei servizi di pagamento in Europa. Eppure, il divario tra ambizione e realtà è ancora ampio. La maggior parte delle banche europee è, infatti, ancora lontana dal trarre a pieno i vantaggi della PSD2 e si limita a rispettare i requisiti minimi di legge. Un’opportunità necessaria da cogliere per rimanere competitivi nello scenario futuro ma, almeno per ora, mancata. A dirlo è lo studio «Adapt or die? Why PSD2 has so far failed to unlock the potential of Open Banking», messo a segno da Roland Berger che, per capire lo stato dell’arte dell’implementazione della direttiva in Europa, ha intervistato 40 tra le principali banche europee, numerosi TPP (third-party providers) e grandi società Tech operative in 12 mercati core europei.

I PRINCIPALI OSTACOLI

Le sfide per adeguarsi all’entrata in vigore della PSD2 non sono mancate sin dall’inizio. Basti pensare alla difficoltà degli operatori nell’adeguarsi a nuovi requisiti, come la SCA (Strong Customer Authentication). Con ovvi ritardi sul piano dell’implementazione. Al punto che l’European Banking Authority (EBA) ha dovuto fissare la nuova scadenza per diventare SCA compliant addirittura al 31 dicembre 2020 e dunque ben oltre l’entrata in vigore della normativa stessa. Una buona notizia? Dipende. Per il 40% delle banche intervistate da Roland Berger proprio le incertezze regolatorie (tempistiche comprese) hanno minato finora il pieno adeguamento alla PSD2. Altri limiti sono stati l’assenza di standard a cui attenersi (21% del campione) e la scarsa disponibilità di risorse economiche per gli upgrade tecnologici (15%). Risultato: per la maggior parte delle banche la PSD2 più che una opportunità rimane un onere. E i più si limitano a rispettare soltanto i requisiti minimi di legge.

LA STRADA PER L’OPEN BANKING

Non c’è dubbio: il futuro si chiama Open Banking ed è inevitabile. Proprio in questo percorso, infatti, la PSD2 segna un passo importante verso la condivisione dei dati tra i diversi attori dell’ecosistema bancario garantendo una maggiore sicurezza e protezione per i consumatori. Le banche più restie all’innovazione e che non sapranno governare attivamente il cambiamento potrebbero restarne travolte. Oltre a perdere preziose opportunità di business, come quelle legate alla valorizzazione dei dati in arrivo anche da parti terze che, se sfruttati al meglio, consentono di accrescere il portafoglio di prodotti e servizi. Ne è convinto il 33% degli intervistati Roland Berger. Mentre un altro 26% pensa che questo consentirà di attrarre nuovi clienti. Oltre a costruire un nuovo ecosistema basato sulla cooperazione e le partnership tra i vari player (per il 18,5%).

IL RUOLO DEI NUOVI PLAYER

Peccato che il contesto di mercato non aiuti. Tra tassi d’interesse ai minimi, regolamentazione sempre più stringente e infrastrutture IT datate, per gli istituti di credito tradizionali non è facile destreggiarsi. Eppure, ignorare le opportunità offerte dalla PSD2 lascia inevitabilmente aperta la possibilità a competitor nuovi e nel caso dei grandi player global finanziariamente più forti di insediarsi nel mercato. Non a caso il 71% concorda nel considerare Google, Amazon, Facebook e Apple (GAFA) le principali minacce per i propri modelli di business. E se anche questi ultimi operassero in partnership con le banche tradizionali, rimane il rischio di perdita dell’interazione diretta con il consumatore (per il 32%) con conseguente ulteriore pressione sui ricavi.

«Preoccupano i GAFA ma c’è chi teme persino qualche unicorno ancora sconosciuto magari proveniente dal Nord Europa che possa approfittare del momento per sottrarre valore alle relazioni bancarie tradizionali» interviene Egidio Calegari, partner di Roland Berger.

LA RICETTA ROLAND BERGER

La PSD2 ha creato il quadro di riferimento e gettato le fondamenta di un nuovo scenario per il mercato, ora spetta agli operatori finanziari costruirlo. Adapt or die: è questo il monito lanciato da Roland Berger dopo aver analizzato a fondo i contenuti e i punti di vista emersi dalle interviste realizzate per sviluppare lo studio. Le banche devono attivarsi per essere padrone del proprio futuro nell’Open Banking. Questo nuovo modello collaborativo rivoluzionerà, infatti, tutta la catena del valore dei servizi finanziari, marcando una distinzione sempre più netta tra i player di mercato e orientando tutti i servizi bancari verso una visione data-oriented.

Dopo anni di riflessione strategica, per le banche è venuto il momento di scegliere se limitarsi a rispettare gli obblighi o sfruttare le opportunità per migliorare la proposta di valore ai propri clienti o anche la qualità ed efficacia di processi quali l’acquisizione di nuovi clienti, la concessione di credito o la consulenza su risparmio ed investimenti.

«Sul fronte dei pagamenti, l’innovazione è più probabile che arrivi da soggetti specializzati e all’avanguardia come Telepass, Nexi, SisalPay, Banca5, alcune fintech o anche dai player specializzati nel credito al consumo che già gestiscono relazioni con migliaia di punti vendita» riprende Edoardo Demarchi. «Non solo. Più agili e con minori timori di cannibalizzazione del proprio business tradizionale, gli specialisti del credito al consumo si stanno muovendo per integrare nei loro processi di concessione le informazioni derivanti dai conti correnti dei clienti – coniugando quindi la loro snellezza operativa con la profondità di informazioni delle banche. E lo stanno facendo bene. Un discorso a parte, infine, merita Poste Italiane, che è allo stesso tempo un incumbent e un innovatore – si pensi al sistema di servizi collegati a Postepay e al fatto che nativamente l’intero sistema di offerta è basato su integrazione di diversi “produttori” di carte, finanziamenti, assicurazioni o risparmio/ investimenti».