Quali sono i Paesi più Competitivi?

Adecco e la prestigiosa scuola di formazione manageriale Insead hanno presentato a fine anno il Global Talent Competitiveness Index, il primo indice mondiale sulla competitività dei talenti. Misura la competitività di un Paese in base alla capacità di sviluppare, attrarre e trattenere i talenti e rappresenta uno strumento utile per monitorare il trend economico delle varie nazioni e cercare le best practices per migliorare alcuni aspetti locali. Son stati utilizzati ben sei criteri, divisi in 48 variabili: agevolatori (benefit, finanziamenti), attrazione, crescita, competenze lavorative e professionali, competenze di conoscenza globale. L’Italia si pone al 36esimo posto su 103 economie analizzate.

La Svizzera è il Paese più competitivo. Seguono Singapore e Danimarca, Svezia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Finlandia, Stati Uniti e Islanda. Come si può notare, il dato eclatante è che nei primi dieci posti ci sono ben 8 Paesi europei, nonostante il giudizio negativo che, da anni, grava sul nostro continente. La Svizzera ha ottenuto i punteggi più alti in quasi tutte le variabili considerate. I Paesi del Nord Europa sono tra i più attivi nello sviluppare talenti e la Danimarca ha superato i suoi vicini eccellendo nell’apertura verso l’esterno e nell’efficacia del sistema-Paese. Importanti investimenti nell’istruzione e una chiara strategia sono due degli elementi che hanno permesso alte valutazioni a molte nazioni.

L’Italia si situa soltanto al 36esimo posto con una scarsa capacità di attrarre talenti (79esimo posto) e da una migliore capacità di farli crescere (33esima posizione), grazie a buone valutazioni dell’efficacia e della qualità del sistema dell’istruzione scolastica e universitaria. I principali fattori critici per la capacità di attrarre talenti in Italia sono rappresentati da una bassa apertura verso l’esterno, da una limitata mobilità sociale, da una scarsa presenza delle donne nel mondo professionale in confronto agli uomini e dalle poche opportunità per i giovani terminato il periodo di formazione. La lacuna più evidente è l’elevatissimo digital divide, con il 25% della popolazione nell’assoluto analfabetismo informatico (non riesce nemmeno ad usare il mouse) e con oltre il 50% del Paese senza internet veloce. Quindi, l’Italia è in fondo alla classifica per l’occupazione giovanile ma è il terzo Paese al mondo per lo sviluppo di nuovi prodotti e di attività imprenditoriali.

Federico Vione, CEO di Adecco Italia ha sottolineato come “la disoccupazione giovanile registra livelli inaccettabilmente elevati: in tutta Europa, circa 8 milioni di giovani non lavorano, né studiano, né frequentano corsi di formazione. Circa il 21% dei lavoratori hanno qualifiche troppo alte e il 13% troppo basse per i rispettivi lavori, con conseguente impatto su stipendi e produttività. In diversi Paesi – tra cui l’Italia – pesano l’inarrestabile digital divide e il numero minacciosamente alto di giovani che terminano il percorso di istruzione secondaria senza possedere sufficienti competenze linguistiche, matematiche, sociali e senza un’attitudine al lavoro di gruppo. Il talento è la risorsa chiave per l’economia globale. Ciò significa che i giovani devono investire sull’apprendimento e la formazione continua, le aziende devono poter investire sui talenti e i governi devono aiutare la mobilità e la flessibilità del mercato del lavoro”.

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