Spendereste di più per farvi fare un tatuaggio o per farvelo togliere?
Dati alla mano sembrerebbe proprio che la propensione ad aprire il portafoglio sia ben maggiore quando si tratta di ripulirla la pelle, piuttosto che imprimerla. Se il costo di un tatuaggio mediamente è infatti di 250 euro, la sua rimozione è decisamente più cara, con cifre che variano dai 150 ai 200 euro a seduta per una media di 4/5 incontri per tattoo. I tempi e i risultati della rimozione d’altro canto possono essere molto variabili: tutto dipende dalla dimensione del tatuaggio, dal colore (nero e rosso sono i più semplici da trattare), dal luogo e addirittura dal tipo di pelle.
Non stupisce quindi che quello della rimozione si configuri come un vero e proprio mercato parallelo a quello dei tatuaggi: una miniera d’oro tutta da scoprire considerando che secondo IBISWorld i suoi ricavi negli ultimi 10 anni sono aumentati del 440% raggiungendo una somma stimata di 75,5 milioni di dollari. E non è tutto: nei prossimi anni è previsto un ulteriore rialzo fino ad arrivare agli 83,2 milioni di dollari previsti per il 2019. Considerando il trend di crescita della stessa industria dei tatuaggi, d’altro canto, il dato sorprende ancor meno: per questa si parla addirittura di un fatturato da 3,4 bilioni di dollari solo nel 2014, con una crescita annua del 2,9% (notevole se paragonata a quella del nostro PIL, stimata in torno al 0,3%).
Se state pensando che si tratti di una moda passeggera, tenetevi pronti a cambiare idea: gli analisti credono infatti che l’industria tattoos sia ancora nella fase iniziale della sua vita. La motivazione principale è proprio lo sviluppo della cultura popolare: giorno dopo giorno questa sta infatti slegando l’ideale del tatuaggio dalla scena underground per proiettarlo nell’ideale comune come una vera e propria forma di espressione artistica. Il carburante per una delle mode più irreversibili mai diffuse è sicuramente il sempre più sfacciato interesse di VIP o sedicenti tali. In fondo chi non ha presente la famigerata farfallina di Belen a San Remo, o le braccia di De Rossi sul campo da calcio? Per non parlare del sempre maggiore numero di modelli e fotomodelli che del proprio tatuato ha fatto l’arma vincente, primo fra tutti il bellissimo Rick Genest, lo Zombie Boy che ha sfondato al fianco di Lady Gaga.
E per chi non è un personaggio da copertina di Vogue, cosa succede se poi si pente? Questa è forse la domanda più frequente per chi si avvicina al mondo dei tattoos. Bene, i mezzi per far scomparire ciò che si è deciso di imprimere sulla propria pelle sono principalmente due: la rimozione laser o il “cover up”. Due metodi diversi per due risultati opposti. La domanda quindi si trasforma: perché pentirsi di un tatuaggio? Secondo gli addetti ai lavori le cause principali sono la fine di una storia d’amore o la ricerca di lavoro. A quanto riporta la ricerca di mercato di IBISWorld è stata proprio la crescente disoccupazione a far aumentare in un tempo relativamente breve il numero di coloro che hanno avuto bisogno di far scomparire del tutto i propri tatuaggi.
I primi a rendersi conto della potenzialità di questo business sono stati proprio i tatuatori, che durante le più famose convention hanno iniziato ad ospitare interi stand a scopo dimostrativo con presentazione dell’attrezzatura per la rimozione delle loro opere. Non è quindi difficile intuire la correlazione positiva tra i due mercati: in fondo aprire una possibilità di divorzio a ciò che si sta per scegliere “finché morte non vi separi” ha ancora un ascendente notevole sulla propensione al rischio di coloro che stanno per fare il grande passo.