Un aspetto del commercio che sta sollevando diverse polemiche riguarda i saldi, la loro configurazione e le date stabilite.
Questo rito collettivo interessa milioni di italiani è un fenomeno artificiale ed artificioso, che trae le sue origini in un momento ben preciso e merita un’adeguata ricostruzione storico-giuridica.
La storia dei saldi
Con la legge 2 giugno 1929, n. 739, intitolata “Norme per la disciplina delle vendite straordinarie o di liquidazione” furono introdotte nell’ordinamento le categorie giuridiche delle “vendite straordinarie” e delle “vendite di liquidazione”, ambedue definite “forme di vendita al pubblico con le quali un commerciante cerca di esitare in breve tempo tutte le proprie merci o gran parte di esse, presentando al pubblico la vendita come occasione particolarmente favorevole” (art. 2, comma 1,).
I saldi, in particolare, erano considerati quali species appartenente al genus delle vendite straordinarie: ai sensi dell’art. 4, comma 2, infatti, “potranno … essere consentite vendite straordinarie per fine stagione, durante le quali si mettano in vendita esclusivamente prodotti di carattere stagionale, articoli di moda ed in genere prodotti che siano comunque suscettibili di notevole deprezzamento se non vengono esitati durante una certa stagione o entro un breve periodo di tempo”.
Tempo di saldi
L’evoluzione normativa di questa iniziativa, vide nel 1980 una prima definizione dei periodi (2 all’anno) e degli Enti regolatori (le Camere di Commercio) destinati a sancire le date e le durate. Ancora, nel 1991, quando la Legge n.130 disciplinò i saldi e le vendite promozionali (ogni vendita con sconti o ribassi), vietando queste ultime per i settori della Tabella IX (abbigliamento) nei 40 giorni precedenti a quello stabilito per saldi (da effettuarsi tra il 7 gennaio ed il 7 marzo e dal 10 luglio al 10 settembre ). Nel 1998 poi, la competenza per i periodi di saldo, venne delegata alle Regioni che potevano determinarne il periodo e la durata. La susseguente modifica della Costituzione del 2001 delegò definitivamente tutto il settore commercio alle Regioni, le quali procedettero così ad adottare l’opzione più dirigista con la mera riproduzione della l. 130/1991, cioè la rigida fissazione per legge dei periodi in cui gli operatori economici possono etichettare come “saldi” le vendite lato sensu “sotto costo”.