“All’angolo destro il peso massimo californiano di 38 anni; all’angolo sinistro il settantaseienne sud-coreano, l’unico vero contendente al titolo”: stiamo chiaramente parlando dei due colossi nel campo del mobile: Apple e Samsung. Non è una novità che tra le due aziende non corra esattamente buon sangue, e l’ennesima riconferma del rapporto conflittuale tra le due società è stata settimana scorsa (30 marzo 2014): le due aziende si sono ritrovate in tribunale per una reciproca accusa di plagio inerente al design e alle funzionalità dei dispositivi prodotti.
Questo continuo palleggio legale per quanto riguarda diritti e brevetti dura ormai da 3 anni (il primo processo risale al 2011), e l’ultima battuta sembrava aver dato come vincitrice Apple, dato che la corte aveva ordinato a Samsung di pagare una somma di circa 900 milioni di dollari, ma chiedendo un ricorso l’azienda coreana era riuscita ad evitare la sanzione, continuando a produrre telefoni e lasciando Apple con un nulla di fatto.
La diatriba si è riaccesa a causa di una serie di accuse incrociate tra le due aziende, e si gioca ovviamente sui prodotti bestseller di entrambe: in particolare Galaxy III, Note II, Galaxy Nexus e iPhone5. Entrando nello specifico delle accuse legali, Apple ha denunciato Samsung per il plagio della tecnologia “tap-from-search” che permette di localizzare numeri di telefono e indirizzi e per la funzionalità “slide-to-unlock” che riconosce il viso del proprietario del telefono. Samsung invece sostiene che Apple abbia rubato una tecnologia wireless che permetterebbe di ricevere e spedire dati più velocemente. Apple ha dalla sua parte la storia, che l’ha sempre vista come azienda leader nel campo dell’innovazione e della scoperta di nuove tecnologie, ma anche Samsung può difendere egregiamente la propria posizione: è merito proprio dell’azienda coreana se adesso abbiamo device ultra sottili e leggeri.
La cosa più impressionante di questa accusa però è il compenso che Apple vorrebbe ottenere da Samsung: circa 2 miliardi di dollari complessivi, una cifra decisamente astronomica, che deriva da una stima di pagamento di 40 dollari di diritto per ogni device Samsung venduto che usava la tecnologia rubata ad Apple. Il valore è 5 volte maggiore rispetto all’ultima sentenza. Questo valore, considerato troppo alto perfino dagli analisti del settore, probabilmente tiene conto dello smacco ricevuto da Apple negli ultimi 3 anni: Samsung è passata infatti ad essere leader nel settore degli smartphone (un terzo dei telefoni venduti appartiene alla società coreana). Apple è scesa al secondo posto, con solo il 15% della quota di mercato.
E, come se non bastasse, per aggiungere un po’ di pepe a questo già infuocato scenario legale, il tribunale in cui si svolge il processo è a soli 15 minuti di macchina dalla sede di Apple a Cupertino, e alla sbarra dei testimoni in difesa di Samsung è stato chiamato nientemeno che Google, acerrimo rivale dell’azienda californiana. A questo proposito infatti si sono sprecate le teorie complottiste, per cui la società della mela in realtà starebbe querelando Samsung con il vero scopo di colpire “Big -G” (il cui attuale testimone aveva lavorato in passato per Apple). Come andrà a finire tutta la faccenda si scoprirà probabilmente tra qualche settimana.
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