Dopo anni di sofferenza, sembra che la situazione economica spagnola stia gradualmente migliorando, come indicano le parole del ministro dell’economia Luis de Guindos al parlamento, che sottolineano una crescita del PIL dello 0,3% nell’ultimo trimestre di dicembre: un bel balzo rispetto allo 0,1% del trimestre precedente.
Allo stesso tempo anche la disoccupazione sta declinando e, secondo le stime dell’OECD, parte sostanziale del merito è dovuta alla tanto coraggiosa quanto invisa (soprattutto dai sindacati) riforma del mercato del lavoro del governo Rajoy, risalente al 2012. Grazie a questa legge, oggi, la Spagna sembra godere di un mercato del lavoro più flessibile e di un costo del lavoro in calo almeno del 3,2%, di cui più della metà si stima sia proprio dovuto alla dibattuta riforma. In aumento anche le assunzioni con contratto a tempo indeterminato, con una creazione mensile di nuovi contratti stimata intorno a 25000, la maggior parte in piccole imprese.
Come mostra la figura, fatto 100 il dato relativo al primo trimestre del 2000, l’andamento del costo del lavoro unitario spagnolo, dopo il 2009, ha un trend decrescente; situazione ben diversa nel Bel Paese, con un costo del lavoro che procede verso quota 140, indisturbato.
Figura: Evolution of unit labour costs in selected European countries, 2000-2013, source OECD (www.oecd.org)
D’altro canto la strada, per il Paese iberico, è ancora lunga e tortuosa: i consumi interni sono estremamente delicati e, sebbene la disoccupazione sia in calo, non si deve dimenticare che più di un lavoratore su quattro è a casa (situazione molto più grave di quella nostrana), e la debole crescita economica europea non permetterà certo di assorbire un tale numero di disoccupati in maniera rapida.
Photo credit: Partido Popular de Navarra / Foter.com / CC BY-ND