“Forever young, I want to be forever young” cantavano gli Alphaville negli anni ’80. Rimanere giovani, con il corpo e con la mente: il mito dell’eterna giovinezza, inseguita da tutti. Sarebbe meraviglioso vivere accettando con serenità che l’esistenza è fatta inevitabilmente di fasi. Eppure la maggior parte delle persone non ci riesce, ha paura di invecchiare, e su questo “incubo” così diffuso ci hanno scritto poesie, composto canzoni, creato film. Non siamo così diversi da Dorian Gray o così distanti dalla strega di Biancaneve, che morì piena di rancore verso la figliastra nel fiore degli anni, e probabilmente comprendiamo alla perfezione Meryl Streep ne “La morte ti fa bella” che compra l’Elisir di lunga vita per sfuggire all’inesorabile decadimento del suo splendido corpo. La giovinezza è diventata un culto, un’ossessione, senza distinzione di sesso.
Se i media e la società collaborano ad aumentare le ansie di chi sente fortemente lo scorrere del tempo, un ruolo rilevante lo occupa il mondo del lavoro. In un film di qualche anno fa “In Good Company”, Dennis Quaid, 51enne con esperienza decennale nella sua azienda, va in crisi esistenziale dopo essere stato spodestato da un 26enne neo laureato. Non è solo la sceneggiatura vincente di un film, ma una realtà: nel mondo del lavoro essere giovani, ma soprattutto “giovanili”, è tutto. Soprattutto in quei settori dove la parola chiave è “innovazione”, come quello tecnologico.
L’esempio più concreto, lo troviamo in California, più precisamente nella Silicon Valley, culla di Apple e Google, e ultimamente anche dell’“ageism”, ovvero la discriminazione nei confronti della persona âgée. Secondo la società PayScale, l’età media dei dipendenti di Hewlett-Packard, storica multinazionale di Palo Alto, è 39 anni, mentre i dipendenti di Facebook, fondata meno di 10 anni fa, hanno mediamente 26 anni. Questa tendenza è dimostrata anche dalla nascita di nuovissime startup, e dalla lunga lista di Forbes sui ricchissimi giovani under 30. Il mondo delle nuove tecnologie è una realtà in continua evoluzione, un mercato competitivo e in continuo movimento, dove i ritmi sono veloci ed essere brillanti diventa più importante dell’essere esperti, dove il colpo di genio batte la lunghezza del curriculum vitae. Essere giovani e smart è d’obbligo, e se non lo sei non c’è posto per te nella Silicon Valley.
Perché le aziende di informatica preferiscono menti giovani? Semplice. I recruiter ritengono importante lavorare con chi conosce bene i prodotti e le nuove tendenze vivendoli in prima persona nel loro quotidiano, perché stanno al passo con i tempi. Tutto ciò a discapito di chi lavora da anni nel settore e teme di venire rimpiazzato da uno sbarbatello fresco di università. Ed è allora che torna la paura di invecchiare: si sceglie il taglio di capelli sbarazzino, si combatte per eliminare il primo capello bianco, si preferisce la sneaker al mocassino sotto l’abito, si cura la propria immagine online, lo stile, le proprie frequentazioni. Una lotta contro il tempo e contro un mondo che non accetta la prima ruga, una battaglia che termina inevitabilmente con la più drastica delle decisioni: nella culla americana dell’informatica è boom di operazioni di chirurgia estetica, soprattutto tra gli uomini. La Silicon Valley è la nuova “isola che non c’è”, dove nessuno ha voglia di invecchiare, e dove l’eterna giovinezza diventa priorità.