Un giorno importante per il nostro Paese che cerca di muovere i suoi passi su un sentiero più green e socialmente sostenibile con l’emanazione della legge n. 166.
La notizia è stata divulgata su tutti i quotidiani nazionali e merita di non passare inosservata.
La legge dichiara di voler favorire il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari e dei prodotti farmaceutici, promuovere il riuso e il riciclo al fine di estendere il ciclo di vita dei prodotti e tentare di sensibilizzare consumatori e istituzioni sui temi in oggetto.
Vediamo però quali sono i veri risvolti pratici.
Sicuramente saranno evitati numerosi avvitamenti burocratici nelle donazioni di cibo e farmaci; ma, ahimè, il nostro governo (forse un po’ distratto) non ha provveduto a predisporre un sistema sanzionatorio per i soliti pigri che continueranno a scegliere la strada dello spreco.
Tanto per fare chiarezza, secondo l’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market, in Italia, ogni anno, finiscono tra i rifiuti dai 10 ai 20 milioni di tonnellate di prodotti alimentari, per un valore di circa 37 miliardi di euro. Un costo di circa 450 euro a famiglia.
Cibo che oltretutto basterebbe a sfamare, secondo Coldiretti, circa 44 milioni di persone. Insomma, nonostante i dati siano rassicuranti rispetto agli altri paesi europei, è ora di fare qualcosa come cittadini ma soprattutto come esseri umani.
Comunque, tornando al lato positivo della questione, la nuova normativa, oltre a semplificare la vita alle aziende che destinano prodotti alle onlus, prevede che potranno essere ceduti anche prodotti agricoli che restano sul campo, così come le rimanenze di attività promozionali, i prodotti che stanno per scadere e quelli che non sono idonei alla vendita per alterazioni dell’imballaggio, ma che comunque si sono ben conservati.
Il pane in eccedenza potrà essere donato nell’arco di 24 ore e i ristoranti potranno preparare per i clienti le cosiddette “family bag”.
La legge dà inoltre ai Comuni italiani la facoltà di ridurre la tariffa sui rifiuti per le attività produttive e commerciali che si occupano di alimenti e li cedono gratuitamente ad indigenti e persone in stato di bisogno.
Ancora, verrà istituito presso il ministero dell’Agricoltura un fondo triennale con dotazione di 3 milione di euro.
Il fondo sarà destinato ad investimenti in progetti innovativi per limitare gli sprechi, riutilizzare le eccedenze e promuovere la produzione di nuovi packaging “intelligenti”.
Le notizie sembrano molto incoraggianti. Ma al di là dei buoni propositi, la sfida più grande resta quella di sensibilizzare imprese e cittadini. In Italia, i dati dicono che il 57% degli sprechi sono causati dagli attori economici ma il restante 43% avviene nelle case di tutti noi.
Il vero cambiamento possiamo raggiungerlo soltanto attraverso una vera e propria rivoluzione culturale che abbracci tutto il ciclo della filiera produttiva sino ad arrivare nelle nostre tavole. Coscienza e consapevolezza devono essere alla base di qualsiasi comportamento di consumo, tanto più quando questi si concretizzano nell’acquisto di beni alimentari.
Camilla Mariani