Twitter: E’ tutto Oro Quel che Cinguetta?

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“Eine fürchterlich schlecht geführte”: tradotto letteralmente dal tedesco, “un’impresa gestita terribilmente male”.  Questo il titolo scelto dal sito dell’Handelszeitung per parlare non dell’Ilva o di una Meridiana qualunque, bensì di Twitter. Ma si può proferire un simile improperio se rispetto allo scorso anno i ricavi fanno segnare un +114%, toccando quota 361,3 mln di dollari? Ci si è forse dimenticati dell’enorme quota di fatturato (85%) da raccolta pubblicitaria “mobile” nelle mani di Twitter? Evidentemente no. Sono altri i dati che preoccupano e che portano a dire che forse non è tutto oro quel che luccica. O meglio, che cinguetta.

Così come i ricavi, anche le perdite sono infatti aumentate (e non di poco). Nel terzo trimestre hanno raggiunto quota 175,5 mln di dollari, rispetto ai 64,6 mln dello stesso periodo dello scorso anno. E da più parti è stato fatto notare come i costi legati alle stock option che ogni trimestre vengono distribuite a vecchi e nuovi collaboratori, oltreché al management, non sono ricompresi  nel conteggio utile per la determinazione del reddito d’impresa.

Oltre alla redditività, Twitter deve fare i conti con un altro problema: la crescita degli utenti. Un misero +4,8% rispetto al secondo trimestre. Troppo poco secondo il mercato. Esaurite le brutte notizie? No, perché anche il dato sull’aumento degli accessi (le cosidette timeline-visits), +4,6%, non soddisfa. Ogni accesso può infatti rappresentare un’opportunità per mostrare un contenuto pubblicitario, sicché gli inserzionisti gradirebbero una crescita a doppia cifra o quasi.

Gli investitori non hanno certo apprezzato i conti trimestrali e hanno mostrato un generalizzato sentiment negativo sulle capacità di ripresa del sito di microblogging. Prova ne è un calo di oltre il 10% del titolo nelle contrattazioni after-hours (in data 27 ottobre, dopo la diffusione delle trimestrali). Ma se è vero che non è tutto oro quel che cinguetta, è anche vero che Twitter ha un enorme potenziale, dettato anche dalla forza del suo marchio.

dickcostolo

Sfruttare questo potenziale diventa un obbligo del management e in particolare del CEO Dick Costolo (ritratto in foto). Un obbligo appunto, ma attenzione ai riflessi che tale forzatura potrebbe produrre. Il mantra “go big or go home”, l’imperativo della crescita ad ogni prezzo, è alimentato dalle pressioni del mercato e degli investitori. Più crescita, più rendimento: questo è l’idea di fondo. Ma crescere comporta investire e investire comporta spendere. Se la crescita diventa insostenibile e fine a se stessa le conseguenze rischiano di rivelarsi presto o tardi molto negative. Anche per un colosso del calibro di Twitter.