Un Farmaco per Cancellare i Traumi del Passato: Beneficio o Illusione?

“A volte è più difficile privarsi di un dolore che di un piacere” sosteneva Fitzgerld in uno dei suoi romanzi più maturi e completi, “Tender is the night”. Ma, a distanza di qualche decennio, la scienza sembra dargli torto. Pare, infatti, che un team di ricercatori dell’Università di Basilea (come recentemente riportato da Agi, Federfarma, Sanità news ed altri) si stia cimentando nella creazione di un farmaco, ancora in via di sperimentazione, in grado di agire, rimuovendoli, sui ricordi generati da esperienze particolarmente dolorose per la psiche, così da impedire che disturbi post traumatici possano alternare irrimediabilmente la vita di chi li subisca. La ricerca è incentrata sull’analisi di venti geni interessati dal processo di memorizzazione di eventi drammatici, potenziali bersagli del medicinale.

Scoperte di questo calibro rivelano quanto il progresso medico sia in continuo ed impressionante sviluppo, fino al punto di sfiorare conquiste che si credevano possibili solo nel mondo della fantascienza; traguardi terapeutici per cui milioni di pazienti potranno essere curati e probabilmente guariti.

In questo specifico caso, l’assunzione del farmaco, però, l’analisi non può che spostarsi da un piano prettamente medico-scientifico ad uno, assai meno scontato, filosofico-psicologico. Alterare la memoria artificialmente significa incidere direttamente non solo sul sistema neurologico di un individuo, ma anche sui suoi pensieri, sulle sue emozioni e, quindi, su ciò che definiamo la sua anima. Il dolore, così come il piacere, è un componente ineliminabile dell’esistenza di qualsiasi essere vivente, sia esso umano o animale (e, secondo recenti studi, persino vegetale): in un distopico mondo privo di afflizione non esisterebbe nemmeno la felicità, la quale non può che nascere dal confronto con la sua opposta, la sofferenza.