La Milano neroazzurra è ancora in lacrime per l’addio di Javier Zanetti, il capitano più amato della recente storia interista, e tutta Italia si rammarica per non poter più vederlo sui verdi campi della serie A. La società ha annunciato un suo prossimo ingresso nella dirigenza e il buon Javier, per non farsi cogliere impreparato, si è già iscritto ad un corso di Economia e Management dello sport in Bocconi. E i suoi ex-colleghi, invece, che fine hanno fatto? Come si sono reinventati dopo aver trascorso gli anni d’oro della propria vita correndo dietro un pallone, coperti di soldi e gloria?
Con quello che guadagna in un anno un Balotelli o un Totti, a dirla tutta, un calciatore potrebbe anche fare a meno di trovarsi un nuovo mestiere. Ma in realtà, a 35 anni – l’età media di ritiro dal calcio giocato secondo le ricerche del sindacato mondiale dei calciatori (PFA) -, il più delle volte un professionista sente ancora l’esigenza di rimettersi in gioco.
Per ampia che sia, la liquidità in possesso di un ex-calciatore non è infinita, e a ciò va aggiunto che difficilmente un ragazzo di vent’anni o poco più, con uno stipendio che supera il milione di euro netti all’anno, abbia la lungimiranza e l’autocontrollo necessari per risparmiarne la maggior parte, invece di comprarsi la Ferrari o la villa a Formentera. Ecco anche perché l’ipotesi di vivere di rendita resta quasi un’utopia, come confermano gli studi effettuati dalla Xpro, società inglese che aiuta e tutela i calciatori dopo il ritiro, secondo cui 3 calciatori su 5 finiscono sul lastrico a soli 5 anni dall’addio al calcio giocato.
Che il problema della “ricollocazione” di un ex-calciatore sia serio ce lo testimonia anche uno studio della F.I.G.C., secondo cui su 3000 calciatori, il 61% risulta disoccupato dopo il ritiro, e solo il 10% trova lavoro nell’arco di 5 anni dall’ultimo ingresso in campo. La via più logica sembrerebbe quella di rimanere nel mondo del calcio, ma questa via è preclusa ai più, infatti (sempre stando alle ricerche della F.I.G.C.) meno della metà degli ex-atleti che ora lavorano hanno trovato un’occupazione nel settore (il 31%), e solamente l’1% è opinionista in TV o negli altri mass media. A questo punto, la domanda sorge quasi spontanea: che lavoro potrà mai fare un ragazzo che si affaccia per la prima volta al mondo del lavoro a 35 anni, tendenzialmente senza un titolo di studi e senza esperienze extra-calcistiche?
Se famosi sono i casi di chi si è trovato letteralmente senza un soldo, pieno di debiti e senza futuro (leggasi Paul Gascogne, Garricha e compagnia), in pochi conoscono la sorte di gente come Francesco Flachi, grande bomber blucerchiato che gestisce ora una panineria-ristorante al Ponte Rosso, a Firenze.
Come lui anche altri, coi soldi guadagnati negli anni di carriera, hanno intrapreso attività nella ristorazione o in altri ambiti: Maldini e Vieri hanno aperto il marchio d’abbigliamento “Sweet Years”; Alberto “Jimmy” Fontana, ex portiere di Inter e Palermo, gestisce un albergo in Romagna; Riccardo Maspero, ex fantasista di Torino e Fiorentina, ha una ditta edile nel Lodigiano, Marco Ballotta, giocatore più anziano di sempre a calcare un campo di serie A, è ora proprietario della Geosaving srl, ditta che installa impianti ad energia geotermica a Modena. Altri invece hanno tentato la via della politica, come George Weah, candidato premier alle elezioni del 2005 in Liberia, o Giovanni Galli, candidato sindaco di Firenze alle comunali del 2009 e sconfitto dall’attuale premier italiano Matteo Renzi.
Chi, però, più di chiunque altro in Italia è riuscito a costruirsi un solido futuro dopo aver appeso gli scarpini al chiodo è stato Antonio Percassi, roccioso difensore dell’Atalanta negli anni ’70. Dopo appena 8 anni di carriera su ottimi livelli, Percassi decise che era giunto il momento di cambiare aria, e a soli 25 anni si dedicò anima e corpo all’attività imprenditoriale. Già dal ’76, due anni prima del ritiro, Percassi aveva iniziato una carriera nel ramo immobiliare, ma è dopo che le sue attività ebbero un vero e proprio boom, tanto che negli anni ’80 ebbe l’appalto per la costruzione dei negozi Benetton nell’area di Bergamo, e nel 2001 fu il principale protagonista dell’arrivo, sul mercato italiano, del marchio Benetton.
Percassi è ora proprietario della holding Odissea, di cui fanno parte i marchi KIKO (leader nel make-up) il centro commerciale Orio Center, e la stessa Atalanta, di cui Percassi è presidente dal 2010. Il valore del volume d’affari delle sue società è stimato attorno ai 400 milioni annui, non male per un ex –calciatore.