Quello che stiamo vivendo non è una situazione normale o che può avere riferimenti con il passato. Una situazione costantemente dominata da un interventismo monetario che serve solo a tappare dei buchi che diventano sempre più grandi e che dipendono da eventi socioeconomici come l’aumento della disparità di reddito, l’incremento demografico, l’invecchiamento della popolazione, la crescita esponenziale di tecnologia e robotica. Governi e Banche Centrali cercano di governare questi macro fenomeni al meglio, a volte anche contrastandoli per riportare la situazione nell’alveo di un contesto classico, anche se, evidentemente, non è più in questo inquadrabile.
La realtà distorta parte dai tassi negativi e tutto potrebbe spiegarsi con il loro andamento negli ultimi 10 anni che sta stravolgendo il rapporto con il denaro sino a minare le basi delle teorie economiche conosciute. Accettare che il denaro non sia più remunerato ed anzi sia un costo, ribalta completamente il rapporto tra creditore e debitore: se il debito diventa un premio e il credito un costo, le ragioni stesse del risparmio vengono meno. Questo, a sua volta ha inevitabilmente conseguenze su conquiste sociali quali il sistema pensionistico che, allo stato dell’arte, si troverebbe a poter restituire importi inferiore a quanto ricevuto.
Se volessimo trovare una definizione per questa situazione, potremmo definirla come una realtà completamente distorta da una rivoluzione anarchica, dove tutto è lecito. Tutti i metri valutativi sono distorti, come se un magnete fosse stata posta sotto la bussola facendone impazzire l’ago e dunque è lecito avere multipli del mercato azionario ai massimi e tuttora in rialzo, come è lecito immaginare gli indici in ulteriore forte progresso nei prossimi anni.
Certamente fintanto che la situazioni dei tassi resterà questa, tutto è possibile, ma è necessario avere la consapevolezza che presto o tardi arriverà il conto.
Il debito pubblico monetizzato che ha costretto gli investitori a spostare enormi quantità di denaro su investimenti e capitali di rischio, dovrebbe creare un volano per l’economia reale e stimolare l’occupazione. Ma non è così. I flussi di capitale non fanno che spingere i valori azionari verso terre inesplorate: tengono in vita aziende decotte, bloccano il ciclo di mortalità delle start-up.
Il risultato è un’economia reale completamente disconnessa dell’ecosistema finanziario, e la frattura tra Wall Street e Main Street sembra la perfetta metafora tra la vita di tutti i giorni e il casinò.
Al nostro tavolo abbiamo in questo momento un “Croupier” compiacente che ci offre carte vincenti, e questa è sicuramente una prospettiva molto allettante; ma l’atmosfera ovattata del casinò dei mercati non ci deve far dimenticare quanto ci attende fuori, perché le prospettive per i prossimi anni sono tutt’altro che semplici e le banche centrali sono ben consapevoli dei gravosi compiti che le attendono e che potrebbero far ricredere gli investitori in merito alla loro benevolenza.
D’altro canto il compito anche allargato delle Banche centrali è la stabilità dei prezzi e la crescita economica, non l’aumento delle quotazioni dei listini borsistici. Questo semmai è un passaggio intermedio, un mezzo non un fine per le Banche Centrali. Pertanto anche se al momento sono concentrate sull’aspetto di crescita del loro mandato, presto o tardi dovranno chinarsi anche al cospetto della stabilità dei prezzi, ritirando la liquidità immesso e agendo sui tassi di interesse.
Questo non è ancora probabilmente il momento ed è tuttora lecito ed opportuno continuare a compiacersi della situazione.
Iniziamo tuttavia a maturare con serenità questa prospettiva perché potrebbe scongiurare il rischio di farci fare la fine del povero Narciso che, accecato dalla bellezza della sua immagine riflessa in uno specchio d’acqua, morì annegato nel lago in cui si stava specchiando.