Censis 2016, la Drammatica Fotografia dell’Italia

deflazione

È il caso di dirlo: nonostante la fotografia dell’italia elaborata dal Censis sia perfettamente “a fuoco”, non si può guardare. Il rapporto del Centro Studi Investimenti Sociali, arrivato alla sua cinquantesima edizione, è stato presentato pochi giorni fa a Roma. Parla di aspettative negative, di investimenti scarsi, di persone comuni sempre più intrappolate dal debito. Diceva uno dei luminari della fotografia Henri Cartier Bresson: “Non è la mera fotografia che mi interessa, quel che voglio è catturare quel minuto, parte della realtà”.

Ebbene, la realtà catturata è la seguente:

– Dall’inizio del 2008 gli italiani hanno accantonato 114 miliardi di euro aggiuntivi in liquidità e/o depositi bancari;

– Il 61,4% degli italiani è convinto che il proprio reddito nei prossimi anni non crescerà;

– Il 60,2% delle persone benestanti ritiene che i propri figlie e nipoti non vivranno meglio di loro;

– Il 63,7% dei nostri concittadini, nonostante l’accumulo del risparmio cautelativo, prevede una riduzione del tenore di vita;

– Il 36% delle persone detiene in casa contante a titolo di “emergenza” e per sentirsi più sicuro;

– La liquidità (depositi e contanti) è pari a circa 900 miliardi di euro, un ammontare di denaro infruttifero che, se investito, potrebbe dare una grande spinta al nostro PIL;

– Quanto a incidenza degli investimenti sul Pil, l’Italia registra un 16,6% che la colloca all’ultimo posto dietro a Francia, Germania, Spagna e Regno Unito;

– Il divario tra i giovani e il resto degli italiani si è ampliato in maniera sostanziale: il reddito dei primi è inferiore del 15% rispetto al resto della popolazione lavorativa;

– La nostra produttività per occupato è crollata. Non solo: se fosse rimasta costante negli ultimi due anni, il PIL sarebbe cresciuto di circa il 2% annuo (anziché dello zero virgola).

Diceva sempre Bresson che “fare un ritratto è un punto interrogativo”. Il ritratto appena descritto ne fa sorgere parecchi. Non suggeriremo ricette economiche, anche se qualche idea a riguardo si potrebbe partorire. Tuttavia, ci si può sbilanciare con un commento finale: dobbiamo cambiare direzione.

Per cambiare direzione servono nuovi leader, che solitamente nascono nei momenti critici e di scontro. Le nuove generazioni non si facciano sopraffare dall’insicurezza e dallo sconforto: la prossima fotografia, anche se un po’ “sfuocata”, dovrà essere diversa.