Cfo al femminile: perchè le donne sono sottorappresentate in finanza

Con riferimento alla presenza femminile nel mondo della finanzia possiamo parlare di “FinGap”, termine che contraddistingue le disuguaglianze di genere a livello globale all’interno dell’ambito finanziario, derivante dall’unione di “Finanza” e “Gender Gap”.

Stando al rapporto Women in Financial Services 2020 della società di consulenza Oliver Wyman, la presenza di donne nei comitati esecutivi delle aziende di servizi finanziari era pari al 20% nel 2020, in aumento solo del 5% rispetto al 2014. E non è finita qui: le statistiche mostrano che le donne che si trovano in posizioni al vertice sono spesso pagate molto meno della loro controparte maschile, con stime per cui i loro stipendi sarebbero circa il 60% di quelli degli uomini.

Nel corso degli anni, i numeri risultano migliorati, ma sollevano comunque diverse domande sulla questione del gender equality nel mondo della finanza.

Da cosa deriva il FinGap

La costante sottorappresentazione delle donne nell’ambito finanziario è inquadrabile in una serie motivi chiave che sembrano essere stati determinanti nel corso del tempo per il perpetuarsi di questo problema.

In primo luogo, la finanza è da sempre stata un ambito di interesse maschile. Le donne, invece, sono state a lungo scoraggiate dall’aspirare a ruoli che sembravano avere caratteristiche intrinsecamente da uomini.

Questa storica mancanza di interesse, a sua volta, ha condotto a un divario in ambito accademico nelle materie scientifiche ed economiche e alla conseguente esclusione dai percorsi professionali ad esse correlati più avanti nel tempo, specialmente nel caso di sistemi educativi che richiedono agli studenti di restringere il proprio campo di studi e di specializzarsi fin da subito (come quello britannico). I risultati delle indagini Ocse identificano l’Italia come l’unico Paese europeo dove permane ancora oggi un differenziale di genere per le materie Stem.

A sua volta, la scarsità di laureate Stem preclude l’inserimento in questi ambiti e riduce la componente femminile in posizioni di potere all’interno del settore.

C’è poi anche la questione familiare: i dati mostrano che la necessità di occuparsi dei figli porta le donne a svolgere più del 60% del lavoro non retribuito rispetto agli uomini e a rinunciare conseguentemente a posizioni di carriera più elevate e impegnative nell’ambito finanziario, a favore di un impiego più flessibile.

Il FinGap salariale

Alla sottorappresentazione in termini numerici si aggiunge il problema del divario salariale. A dimostrarlo è una recente ricerca, i cui dati sono stati riportati dal quotidiano britannico The Guardian, che sottolinea il forte divario salariale che ancora esiste nei più alti livelli del settore finanziario tra uomini e donne. Secondo tale ricerca, in Regno Unito la paga media per le dirigenti delle società di servizi finanziari il 66% in meno rispetto alla media di sterline incassate dai direttori di sesso maschile. Il problema dell’inuguaglianza salariale deriva ovviamente dal fatto che circa l’85% dei direttori donna occupa ruoli non esecutivi, con meno responsabilità quotidiane e dunque minore retribuzione. Le aziende, infatti, sono disposte a conferire ruoli non esecutivi alle donne per migliorare la diversità del consiglio di amministrazione, ma non a nominarle per posizioni di leadership meglio remunerate.

Ad ogni modo, l’uguaglianza di genere nell’ambito della finanza non è solo una questione morale; molti esperti sottolineano anche il danno economico sulle economie nazionali creato da questa disparità.

In questo senso, ci sono studi che dimostrano l’opportunità di aumentare i ricavi nell’interno mondo della finanza per 700 miliardi di dollari attraverso una maggior inclusione delle professioniste nei CdA, grazie al migliore servizio offerto alle clienti femminili. Infatti, le donne sono più inclini ad impegnarsi in progetti di sostenibilità e contribuiscono alla generazione di nuove idee e al raggiungimento di una più ampia gamma di potenziali clienti.

Christine Legarde, ex direttore del Fondo monetario internazionale e attuale presidente della BCE, ha affermato in un’intervista per il The Guardian che “alcuni paesi potrebbero dare un impulso alla propria economia del 35% colmando il divario di genere sul luogo di lavoro”. Le implicazioni della sua affermazione sono chiare: finché le donne non saranno pienamente rappresentate in ogni settore e le disuguaglianze colmate, continueranno ad esserci dannose conseguenze sociali ed economiche.

Nel nostro Paese c’è ancora molto da fare a tal proposito. È solo iniziando dall’introdurre le materie tecnico scientifiche ed economiche sin dai livelli scolastici più inferiori come in molti Paesi europei che avremo nuove generazioni più preparate e certamente una minor accentuazione del divario di genere in questa direzione.

Giada Rinfroschi