“Strada per Strada, da sinagoga a moschea, da chiesa a gurdwara”, ecco riassunto in una frase tutto il pensiero multiculturale del prossimo sindaco di Londra: Sadiq Khan. Colui che si appresta a diventare il politico musulmano più influente d’Europa, criticato e allo stesso tempo osannato, la sua vittoria alle amministrative londinesi potrebbe dare il via ad un punto di svolta degno di essere ricordato. Lo scontro, se così si può chiamare, con il conservatore Zac Goldsmith, è stata una metafora più che rappresentativa da libro di favole: il buono, figlio di immigrati proveniente dalla working class, sconfigge il cattivo, ricco rampollo di una famiglia aristocratica inglese.
La sua intolleranza alle disparità sociali esprime genuinità, all’apparenza (sperando poi lo sia anche in sostanza) Khan sembra il politico moderno desiderato da qualsiasi elettore medio dotato di raziocinio. Critica il gap creatosi tra i ceti londinesi, sostiene la costruzione di case popolari e intende bloccare il consistente aumento dei costi dei trasporti pubblici di Londra, città con la metropolitana più cara d’Europa. Origini pachistane, quinto figlio di un autista di bus e di una sarta, Sadiq Khan si appresta a sedere sulla poltrona che per gli ultimi otto anni è stata del conservatore Boris Johnson, portando una ventata di aria fresca in un clima multietnico come quello di Londra.
La campagna elettorale non è stata tutta in discesa, più volte l’oppositore Zac Goldsmith lo ha accusato di presunto estremismo religioso, azione etichettata come “disperata” dallo stesso Khan che con eleganza e compostezza ha ribadito il seguente concetto: “Sono musulmano, britannico, europeo, laburista, avvocato, padre. Ho amici di tutte le religioni e amo Londra perché le rispetta tutte”, risposta tutto sommato gandhiana, ma che denota la volontà di interporsi tra possibili pregiudizi poco delicati e la sua professionalità. L’argomento brexit è stato accennato ma non approfondito dal laburista, ha spiegato il perché secondo lui la Gran Bretagna debba restare in Europa (d’altronde uno che profetizza l’uguaglianza sociale e religiosa altro non poteva dire) evitando di prendere una posizione netta.
La scelta di Londra è una scelta coraggiosa e allo stesso tempo inevitabile, inevitabile per l’immobilismo culturale al quale la città non è consona. Se dall’altra parte dell’Atlantico le idee trumpiane non si possono sentire, e i risultati trionfanti non si possono vedere, la vittoria di Khan è una sorta di risposta a chi sostiene che tutti i musulmani non possano mettere piede in un determinato Stato con quell’accenno di dispotismo che tanto richiama eventi passati, o più recentemente ipotetiche ruspe pronte ad arare e coprire con dell’ insano e irrazionale campanilismo questioni quantomeno delicate.