Theresa May, 60 anni ad ottobre, da mercoledì sarà la nuova premier del Regno Unito dopo le dimissioni di Cameron. Sarà la seconda donna a ricoprire l’incarico dopo il gabinetto di Margaret Thatcher.
Una conservatrice vera, con una lunga carriera politica alle spalle: la prima elezione ad un seggio in Parlamento arriva nel 1997, a cui seguirono diverse nomine tra cui quella come segretaria generale del partito conservatore e infine la candidatura a leader del partito dei Tory. Nel 2010 è stata nominata Ministro dell’Interno dal Premier uscente David Cameron, ed è stata incaricata di gestire l’emergenza immigrazione e di ridurre i crimini: a quanto pare ha ottemperato al suo compito e nel 2013 è riuscita persino a espellere l’imam radicale Abu Qatada.
Definita dagli analisti come una “politica dal profilo basso”, probabilmente per lasciare che parlassero soltanto le sue prese di posizione e per non dare spazio alla politique politicienne, la futura premier sembra essere una persona razionale e sobria. “So di non essere un politico che si mette in mostra. Non faccio il tour degli studi televisivi, non faccio pettegolezzi durante i pasti, non bevo nei bar del Parlamento, non parlo a cuore aperto. Faccio semplicemente il lavoro che ho davanti”, ha detto in una recente – quanto rara – intervista parlando di se stessa.
Appoggiata da Cameron che si è detto entusiasta di passare lo scettro nelle sue mani, Theresa May è riuscita a scavalcare i contendenti alla poltrona di leadership di Tory, tra cui Johnson e Leadsom, grazie alla posizione tenuta durante il referendum: nonostante fosse contraria all’uscita del Regno Unito dall’Europa, ha detto sin dal primo momento che “Brexit significa Brexit, e non ci devono essere tentativi di restare nell’UE, di rientrare dalla porta posteriore o di fare un secondo referendum”. Una posizione determinata a favore del remain, quanto razionale a favore della libertà di espressione.
Appena si insedierà, la conservatrice dovrà ristabilire l’equilibrio tra le fazioni rispondendo alle richieste dei sostenitori del leave, e avrà l’arduo compito di guidare il governo inglese durante l’uscita dall’Unione Europea.