Dopo il tristemente noto attentato alle Twin Towers dell’ 11 settembre 2001, sempre maggiore è stata l’attenzione rivolta dal mondo occidentale al Medio Oriente ed in particolar modo nei confronti di Iran, Iraq, Afghanistan ed in tempi recentissimi, al nuovo stato islamico meglio conosciuto con l’acronimo di ISIS.
Nei quattordici anni trascorsi dall’attentato 2001, numerosi sono stati gli sconvolgimenti tanto economici quanto sociali derivati dai conflitti occorsi nel palcoscenico mediorientale, e contestualmente, sono enumerabili le azioni militari poste in essere dagli Stati coinvolti nei diversi scontri.
Tali conflitti hanno coinvolto sia le realtà locali, che le grandi potenze internazionali, svolgendo un ruolo centrale nella geopolitica mondiale. Ma all’interno di tale scenario, quali Paesi possono mettere in campo una forza militare maggiore?
Alla luce di quanto detto, è ammissibile affermare che grandi e potenti eserciti siano propri di nazioni sviluppate e socialmente, ovvero economicamente, stabili?
La risposta non può che essere negativa e ciò risulta avallato dal fatto che gli Stati cui si è appena fatto riferimento versano in una gravissima crisi economica e tensione sociale. La domanda che forse risulterebbe legittimo porsi è : non sarebbe più utile ed eticamente corretto, investire denaro in attività realmente e attualmente tangibili nella quotidianeità, piuttosto che nel mantenimento di un esercito permanente?