La pandemia che da due anni stiamo affrontando ha rimodellato le nostre relazioni personali in un modo inimmaginabile e senza precedenti, costringendoci a vivere estremamente vicini ad alcune persone e, allo stesso tempo, estremamente lontani da altre.
La vita in lockdown ci ha obbligato ad un contatto stretto e costante con famiglie, partner e conviventi, mentre le misure di distanziamento sociale ci hanno isolato da amici, colleghi e comunità più ampie a cui abitualmente apparteniamo.
Tra tutte le relazioni che sono state toccate ed influenzate dalla situazione in corso, è fondamentale fare un riferimento specifico a quelle accademiche e professionali.
Tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo 2020, imprese pubbliche e private si sono trovate ad operare in un contesto del tutto insolito. La gestione del virus ha richiesto alle imprese di individuare un modo per proseguire la loro attività a distanza, senza la necessità della presenza fisica in ufficio. Per risolvere tale problema, è stata individuata una soluzione univoca per la quasi totalità delle imprese: lo smart working.
Nonostante l’idea iniziale fosse quella di adottare tale tipologia di lavoro per un periodo limitato, quella che si pensava dovesse essere una condizione temporanea, si sta dimostrando essere solo l’inizio di un processo di transizione.
Il 4 marzo 2020 le misure volte al contenimento hanno prescritto la sospensione di tutte le attività didattiche in presenza, a favore di una modalità di insegnamento e apprendimento a distanza. In quel momento, il Ministero dell’Istruzione è stato costretto ad organizzare e mettere tempestivamente a disposizione di scuole, docenti e studenti strumenti tecnologici idonei a consentire il proseguimento delle attività di istruzione e il funzionamento della didattica da remoto.
In seguito a tali osservazioni, sorge spontaneo chiedersi se questo passaggio al mondo virtuale rappresenti il presupposto per un futuro digitale o un insuccesso.
Per rispondere a questa domanda è fondamentale valutare quali siano i vantaggi e quali gli svantaggi di questa modalità innovativa, sia relativamente all’ambito professionale, sia a quello accademico.
Per quanto concerne i punti a favore della modalità digitale, è indubbiamente necessario fare riferimento alla sua maggiore flessibilità e accessibilità a tutti, che permette la partecipazione anche di coloro che sono, per svariati motivi, impossibilitati ad effettuare spostamenti. Una conseguenza di ciò è una radicale riduzione dei costi sia in termini economici, sia in termini temporali.
Relativamente alla didattica online, si può far riferimento al caso molto frequente di uno studente costretto a perdere interi giorni di lezione tradizionali a causa di una febbre o qualsiasi infortunio o malessere.
Riguardo all’ambito professionale, basti pensare ad un colloquio o un meeting di lavoro in una città diversa da quella in cui viviamo: prima della pandemia, quali spese avremmo dovuto affrontare e quanto tempo sarebbe stato necessario per prenderne parte?
Avremmo dovuto sicuramente sostenere dei costi legati ai mezzi di trasporto per lo spostamento: treni, aerei, o semplicemente il carburante per la nostra macchina. Talvolta, in particolare in caso di città più lontane, avremmo dovuto affrontare delle spese relative al soggiorno.
Invece, quali costi dobbiamo supportare nella situazione in cui ci troviamo attualmente? L’unica “spesa” necessaria, se tale può essere definita, è il costo del wi-fi per il tempo del colloquio, che probabilmente la maggior parte di noi sosteneva già prima dello scoppio della pandemia.
Relativamente agli svantaggi di tale modalità, si ha sicuramente la perdita di una serie di dettagli molto rilevanti nel rapporto interpersonale, come il linguaggio del corpo, il contatto visivo e il contatto fisico umano. Il venir meno di tutti questi dettagli, rende più complessa la creazione di relazioni che vadano oltre il semplice rapporto professionale o accademico, contribuendo a determinare una sorta di alienazione rispetto al contesto in cui si lavora o studia.
Per quanto riguarda la didattica a distanza, inoltre, un’ulteriore problematica è rappresentata dal drastico calo dell’attenzione degli studenti durante le lezioni online rispetto a quelle tradizionali. Tale riduzione, probabilmente attribuibile alle minori possibilità di coinvolgimento diretto da parte dei docenti, emerge anche da alcune analisi svolte. Per esempio, dai dati relativi ad un sondaggio effettuato da AlmaDiploma, si rileva che solo il 21,3% degli studenti intervistati dichiara di riuscire a non distrarsi online, mentre la restante quota afferma di distrarsi maggiormente durante le lezioni a distanza rispetto a quelle in presenza.
Alla luce di ciò, possiamo ipotizzare cosa succederà nel futuro. Attualmente, nessuno ha mostrato l’intenzione né la volontà di tornare al 100% alle modalità tradizionali. Per ora, si parla del passaggio ad una modalità ibrida, blended, caratterizzata dal 70% delle attività svolte tradizionalmente e il 30% online. Tale soluzione sembrerebbe essere ottimale e favorita da molti, in quanto idonea a mantenere contemporaneamente sia i punti favorevoli del digitale, sia quelli del tradizionale.
Francesca D’Ambrosio