La spesa militare indiana rappresenta ormai la sesta al mondo con 51,3 miliardi di $ nel 2015, superando tra le altre, Francia e Giappone. Nei prossimi due anni si prevede arrivi a 61 miliardi di $, e a 64 miliardi di $ entro il 2020, superando agevolmente anche il Regno Unito. Proprio la crescente rilevanza della spesa militare indiana viene vista tra l’altro come fumo negli occhi dal vicino e avversario storico Pakistan, ma anche dall’altro grande gigante asiatico, la Cina. L’apparato militare e di difesa indiano, che si sta modernizzando e migliorando a tutto campo, rappresenta infatti sempre più motivo di interesse (o di preoccupazione) per i vicini confinanti, gli alleati e le potenze occidentali e mondiali.
Certo la Repubblica Indiana, forte di una crescita economica che si attesta stabilmente al 7,5% (la più alta al mondo), sta acquistando importanza internazionale a prescindere dalla crescente spesa militare, come confermato da una dichiarazione di esponenti dell’amministrazione Obama, secondo la quale gli investimenti statunitensi in India avrebbero ormai addirittura sorpassato quelli in Cina da quando al potere a Nuova Dehli è arrivato il governo di Nerendra Modi.
Ma in particolare il segretario USA alla difesa Ashton Carter ha recentemente espresso la volontà americana di sviluppare legami militari “più vicini e più forti” con l’India, anche a fronte del desiderio indiano di non restare solo semplici acquirenti delle tecnologia militari americane, ma diventarne anche cosviluppatori e coproduttori. Il Pacific Command americano auspica inoltre la creazione di una “potente partnership quadrilaterale” con India, Giappone e Australia per mantenere un ordine basato sul diritto internazionale nel quandrante Asia-Pacifico, nella quale la US Navy pianfica di stazionare il 60% delle sue unità proprio grazie al Logistical Support Agreement in via di finalizzazione con l’India. Il riconoscimento ufficiale dell’India a potenza globale è però bloccato dal Governo Italiano, che (malgrado gli sforzi americani) a causa dell’irrisolta “questione marò” continua a porre il veto all’ingresso indiano nel MTCR, il club di paesi che hanno accesso a tecnologie missilistiche e UAV d’elite, per il quale serve l’unanimità nella decisione.
L’Esercito
Le forze di terra indiane si stanno muovendo per sviluppare una pronta reattività e preparazione ai diversi scenari che potrebbero vederle impegnate. Oltre alla storica contrapposizione di confine con il Pakistan per l’amministrazione del Kashmir, infatti, si sta sempre più accendendo la rivalità, mai sopita in effetti, con la Cina per l’egemonia in Asia. Nei confronti del Pakistan l’esercito indiano ha sviluppato, anche se mai ufficialmente, una dottrina militare denominata “Cold Start”, basata su un’avanzata lampo protetta e favorita da un supporto aereo ravvicinato, tale da conquistare terreno abbastanza velocemente (72 ore) da non incorrere nell’apparentemente inevitabile risposta nucleare pakistana.
Esercitazioni massicce sembrano confermare la preparazione indiana all’eventuale attuazione di questo tipo di tattica: 30.000 soldati hanno recentemente partecipato all’esercitazione di fuoco “Shatrujeet” proprio di fronte al confine pakistano, dove tra l’altro sono state testate la manovrabilità e precisione degli avanzati carri armati T-90, l’interoperabilità tra i diversi reparti, inclusi quelli aerotrasportati ed elitrasportati, e le procedure NBC. Il T-72, sempre di produzione russa ma più antiquato, rimane comunque il MBT principale dell’esercito indiano.
- Esercitazione di fuoco “Shatrujeet”
Per quanto riguarda l’artiglieria, il Governo Indiano ha intenzione di sopperire al più presto (entro 2 o 3 anni) ai deficit numerici e tecnologici. Comunque, per favorire una rapida firma del LSA e di altri accordi commerciali e di sicurezza comune, nella sua visita Ash Carter ha messo sul piatto anche lo sviluppo congiunto di nuove versioni del sistema missilistico anticarro americano Javelin, di cui l’esercito indiano necessita dopo il fallimento di un progetto analogo con Israele.
Inoltre, dopo che nel 2012 l’esercito ha ottenuto il controllo anche degli elicotteri d’attacco (che precedentemente spettava all’aeronautica), e ha introdotto l’iniziativa “Make in India” volta a favorire la produzione nazionale, Russian Helicopters ha iniziato ad affiancare l’indiana HAL in un progetto di produzione elicoterristica indiana a lungo termine, con il proposito di presentare nuovi macchinari e ricambi in grado di supportare in modo completo la flotta indiana di elicotteri. Compromessa dalla già citata “questione marò” e dalle indagini sulla presunta corruzione internazionale appare invece la collaborazione con il produttore di elicotteri AgustaWestland, del gruppo italiano Finmeccanica.
L’Aeronautica
Anche la componente aerea delle forze armate indiane è in via di aggiornamento e modernizzazione, secondo un già definito piano decennale. Rispetto alla Marina in questo branca è relativamente meno rilevante la produzione nazionale (riguarderà il 10-15% delle acquisizioni pianificate), essenzialmente limitata ai prodotti della autoctona Hindustal Aeronautical Ltd, come il caccia leggero HAL Tejas (che ha già attirato l’interesse di Egitto e Sri Lanka e si prevede di aggiornare con contributi tecnologici svedesi), mentre sono più importanti i legami con l’industria militare estera, e in special modo con Russia e Francia.
L’India infatti schiera circa 900 aerei da combattimento tra i già citati Tejas, gli intercettori MiG-21, gli aerei da attacco al suolo MiG-27 e SEPECAT Jaguar (progetto anglo-francese), e velivoli multiruolo quali i MiG-29 e i Dassault Mirage 2000. Ma la cooperazione sull’ammodernamento si basa con i russi principalmente sul caccia Su-30, sul quale russi e indiani stanno basando moderni e interessanti sistemi d’arma come il missile BrahMos NG, e sul progetto in via di realizzazione del caccia multiruolo con caratteristiche stealth Sukhoi T-50 PAK FA, che attualmente è in fase di test di volo, armato con munizioni aria-superficie. Il PAK FA nelle intenzioni dei produttori dovrebbe garantire superiorità aerea e capacità di penetrare in profondità nel territorio nemico per effettuare “pinpoint strikes”, ma è in fase iniziale di pianificazione anche un caccia indo-russo di quinta generazione (FGFA).
Con la Francia sono invece in fase di finalizzazione due accordi, uno da 2,5 miliardi di $ per l’aggiornamento dei Mirage 2000 e il secondo, da 8,8 miliardi di $, per l’acquisizione di 36 caccia Rafale. Malgrado i già citati veti burocratici internazionali, l’India resta in pista anche per acquisire 40 Predator armati, UAV di produzione americana. Interessante è anche il fatto che si stiano modernizzando anche le basi aeree militari, per adeguarle alle nuove esigenze strutturali (per esempio l’espansione degli hangar per ospitare i Super Hercules da trasporto).
La Marina
Il vice ammiraglio J. Aucoin della Settima Flotta americana (basata in Giappone) nella sua prima visita a Mumbai ha lodato il ruolo della Marina Indiana come garante di sicurezza nell’Oceano Indiano e ha apprezzato i progressi tecnologici nel nuovo cacciatorpediniere lanciamissili Kochi di classe Kolkata e nei 6 sottomarini classe Scorpene in costruzione, gli ultimi frutti dell’industria militare nazionale indiana che è stato guidato a visitare, augurandosi di sviluppare interoperabilità tra US Navy e Marina Indiana tramite un’esercitazione congiunta nel Pacifico che avrà luogo il prossimo anno con la partecipazione anche di unità giapponesi.
A differenza dall’aeronautica, la marina ha intenzione di puntare esclusivamente sulla produzione nazionale, come ha recentemente dichiarato lo Chief Admiral RK Dhowan. Se resta sul tavolo la cooperazione indo-statunitense per quanto riguarda la nuova generazione di portaerei della Marina Indiana, con cui lo stesso Ash Carter (che è stato invitato a bordo della portaerei indiana “made in Russia” già operativa, la INS Vikramaditya) si è detto disponibile a condividere il know-how (cooperazione che dovrebbe essere formalizzata con la firma dell’Information Exchange Agreement) le autorità indiane non sembrano invece realmente interessate ad una produzione su licenza di caccia imbarcati F/A-18 (o degli F-16 per l’aeronautica) americani.
Mentre 45 nuove unità sono attualmente in costruzione (tra cui una prima portaerei di produzione nazionale, la INS Vikrant) in numerosi cantieri del Paese, sta già conducendo le prove in mare il primo vettore SSBN di produzione nazionale, l’INS Arihant, sottomarino da 6000 tonnellate di dislocamento costruito con contributi tecnologici russi (soprattutto nella essenziale miniaturizzazione del reattore nucleare), che sarà armato con il nuovo SLBM K-4 da 3500 km di gittata, segretamente testato di recente dallo stesso INS Arihant (che rappresenterà quindi il primo vero esponente della componente marittima della deterrenza nucleare indiana) nel Golfo del Bengala.
Le forze missilistiche, aerospaziali e nucleari
Le tecnologie missilistiche indiane si stanno sviluppando velocemente, anche se in molti casi solo ancora in cooperazione con la Russia. È il caso del versatile missile da crociera supersonico BrahMos, sviluppato con 300 milioni di $ di budget e pubblicizzato come “il più veloce del mondo” data la sua velocità di 2,8 Match, con gittata di 290 km e lanciabile da terra, da aerei, da navi e anche da sottomarini a 40-50 metri di profondità.
Non è ancora chiara la possibilità di esportazione di questo sistema d’arma, per il quale vi sono state diverse manifestazioni d’interesse da paesi del Sudamerica e Sud-est asiatico. La Russia ha formalmente presentato all’India anche un’offerta di fornitura da 6 miliardi di $ del sistema missilistico terra-aria a lungo raggio S-400, utilizzabile sia in funzione antiaereo che antimissile, mentre un SAM a corto/medio raggio di produzione nazionale, l’Akash, è in fase di test. In sviluppo completamente nazionale anche un missile antiradar, che potrà essere schierato sui LCA Tejas e Su-30 entro due anni, in risposta ad un analogo missile già presente sui caccia pakistani. Rappresentano una risposta a Pakistan e Cina anche le nuove versioni dei missili balistici nucleari di produzione autoctona della famiglia Agni: l’Agni-IV, IRBM con una gittata di 4000 km, supera abbastanza nettamente le prestazioni dello Shaheen III, sua controparte pakistana, mentre i test dell’Agni-V, che potrebbe essere il primo ICBM indiano (le ipotesi sulla gittata vanno da 5000 a 8000 km e potrebbe essere armato con più testate MIRV) preoccupano soprattutto Pechino.
L’India però resta pur sempre fedele alla sua politica di “No first use” delle armi nucleari, quindi questi nuovi sistemi dovrebbero avere la funzione principale di deterrenza e “second strike”. Intanto si susseguono stime discordanti sull’entità dell’arsenale nucleare indiano: media pakistani hanno dichiarato che l’india possiede materiale fissile per 2000 testate complessive, ma altre voci più autorevoli come l’Institute for Science and International Security o il Bulletin of the Atomic Scientists limitano l’arsenale indiano a poco più di 100 armi nucleari in tutto (da 75 a 125, probabilmente 110 o 120). Comunque, l’India sta aumentando le sue possibilità di arricchimento così come la potenza complessiva dei suoi impianti per l’energia nucleare civile. Per quanto riguarda lo sviluppo aerospaziale nazionale, di cui si occupa l’Indian Space Research Organisation (ISRO), ormai in via di completamento è l’IRNSS, sistema satellitare indiano di posizionamento e navigazione regionale composto da 7 satelliti, l’ultimo dei quali messo in orbita a fine aprile.
In giugno invece è previsto il test del primo veicolo di rientro atmosferico riutilizzabile (uno space shuttle indiano in pratica). La comunicazione internet commerciale in India a partire da dicembre beneficerà inoltre del GSAT-11, progettato per portare connettività nelle aree rurali del paese. Dal punto di vista più prettamente militare invece, le capacità di sorveglianza satellitare sono state notevolmente incrementate dal lancio del Cartosat-2C, definito come uno dei migliori “occhi” presenti nello spazio.
Giacomo Franco