In Inghilterra Vengono Utilizzati Occhi Bionici per Curare la Cecità

occhi-bionici

Non è fantascienza ma realtà: gli occhi bionici verranno utilizzati per “guarire” la cecità. Sono state dieci le persone selezionate dal Servizio Sanitario Nazionale Inglese che, a partire dal 2017, potranno utilizzare gli occhi bionici per tornare a vedere.

Gli occhi bionici The Argus II, costruiti dalla società Second Sight (non a caso “seconda vista”), sono parte di un programma di cura senza precedenti e potrebbero fornire una nuova visione del mondo a tutte quelle persone diventate cieche a causa della retinite pigmentosa, malattia genetica degenerativa.

second-sight

Ma come funzionano questi occhi artificiali? Sono sostanzialmente degli impianti retinici che traducono le immagini riprese da una piccola video camera (situata nella montatura degli occhiali indossati dal paziente) in segnali ed impulsi elettrici. Gli elettrodi legati alla retina stimolano così le cellule ancora attive del paziente, inviando le informazioni direttamente al cervello.

Un totale di dieci persone, cinque pazienti dell’Ospedale Royal Eye di Manchester e cinque pazienti dell’Ospedale Moorfields Eye di Londra, riceverà gli occhi bionici dal Servizio Sanitario Nazionale entro il 2017 e sarà monitorato per un periodo di un anno così da poter misurare progressi e osservare la salute dei pazienti.

Prima di adottare The Argus II per le cure mediche, diversi sono stati gli esperimenti che hanno realmente confermato la valenza del dispositivo:

ha commentato il prof. Paulo Stanga in un’intervista rilasciata per la BBC.

Infatti, per alcuni pazienti, gli occhi bionici stanno già facendo la differenza nella vita di tutti i giorni:

ha dichiarato Keith Hayman, un macellaio inglese di 68 anni.

Nonostante i successi riscossi, il Bionic Eye The Argus II ha ricevuto anche grandi critiche. In un report pubblicato dal MIT Technology Review si dice che ” la vista artificialmente ricreata può risultare distorta in determinate circostanze“, citando le ricerche precedentemente svolte da Geoffrey Boynton, professore di psicologia dell’Università di Washington.

Boynton e la ricercatrice Ione Fine, sua collega a Washington, hanno esaminato al computer le immagini simulate dagli occhi bionici, tenendo conto delle segnalazioni fatte dai pazienti: alcuni hanno riferito di aver visto striature o immagini distorte, errori causati dalla diversa configurazione dettata dagli algoritmi informatici, ovviamente diversa da quella naturalmente presente nella retina.

Per adesso i pochi pazienti inglesi che hanno provato gli occhi bionici sembrano entusiasti. Dovremo però aspettare un anno per conoscere i pro e i contro di questo dispositivo pionieristico.