“Cosa vuoi fare da grande?” È una delle domande che ci accompagna fin da quando siamo piccoli, ma che in futuro potrebbe avere risposte molto diverse.
Il mondo del lavoro si evolve a ritmo serrato. L’avanzamento delle tecnologie porta con sé la necessità di competenze sempre più specifiche e di una formazione continua, che sia al passo con quello che succede nel mondo.
Negli ultimi 300 anni il lavoro è cambiato per quantità e qualità. Tutti i principali cambiamenti sono arrivati in seguito ad un’evoluzione tecnologica “rivoluzionaria”.
Partiamo dall’inizio. Per chi avesse perso qualche lezione di storia alle superiori, le rivoluzioni industriali del mondo occidentale sono state tre: nel 1784 con la macchina a vapore e la meccanizzazione della produzione, nel 1870 con la produzione di massa, nel 1970 con la nascita dell’informatica.
Per molti, proprio ora, siamo nel pieno della quarta: stampante 3D, robotica, intelligenza artificiale, big data, biotecnologia, nanotecnologia e genetica.
La Quarta Rivoluzione Industriale porta con sé quella che tutti chiamano Industria 4.0, cioè l’impresa basata sullo “smart manifacturing”, dove le macchine sostituiscono l’uomo per favorire l’innovazione dei processi e una migliore qualità del prodotto.
La rivoluzione in atto colpirà soprattutto il mondo del lavoro. Secondo il World Economic Forum, entro il 2020, a fronte di 7,1 milioni di posti di lavoro persi, ne saranno creati appena 2 milioni nuovi. Il motivo è da cercare nella digitalizzazione e nell’automatizzazione dei processi, che porta con sé un minor bisogno di manodopera umana.
Bisogna avere paura? Dobbiamo iniziare a mettere da parte provviste prima di essere tutti prigionieri delle macchine? Andremo in giro con lunghi cappotti di pelle nera e pillole rosse e blu in tasca? Forse sì, ma è più probabile di no.
Dovremo sicuramente confrontarci con un mondo radicalmente diverso. AI, robotica e IOT saranno presenti in tutte le nostre attività e ci cambieranno la vita, mettendoci di fronte a tre problemi principali: dovremo abituarci ad un’evoluzione radicale nel campo della salute, dei trasporti, della logistica e dei servizi; il nostro sistema educativo dovrà essere adeguato alle sfide del futuro; saranno rivalutati alcuni tipi di competenze, rivedendo il concetto di lavoro.
Da una parte la tecnologia darà più spazio a modelli produttivi che lasceranno alle persone più tempo libero da trascorrere, dall’altra saremo sostituiti in tutti i lavori poco specializzati e in alcuni che ora sono ad altissima componente umana, come ad esempio i call center.
Ci sarà comunque spazio per chi, invece, di tecnologia non vuole sentir parlare. Nell’ultimo periodo molti lavori che sembravano finiti stanno tornando di moda, un po’ per necessità e un po’ perché in un mondo che corre cosi velocemente, qualcuno ha voglia di andare a velocità “normale”.
Ad esempio da gennaio a Palermo sono iniziate le selezioni per diventare lustrascarpe. 70 candidati per 15 posti, che, dopo l’iter di selezione, dovranno seguire un corso di formazione ad hoc. Sembra difficile da immaginare, ma tra pochi mesi, passeggiando per le vie del capoluogo siciliano potremmo farci lucidare le scarpe tra un arancino e un cannolo, da un autentico “sciuscià” professionista.
Se siete vegani e non volete avere a che fare con pelli di coccodrillo e serpente, invece, ci sono altre soluzioni: il coltivatore urbano, il contadino senza spiga di grano, ma con lo smartphone, che coltiverà ogni genere di frutta e verdura sul suo terrazzo, grazie anche al contributo della tecnologia.
Se neanche questa soluzione piace, c’è una terza alternativa: il sex coach. Secondo John Danaher, della Galway’s School of Law, non sono rimasti ancora molti ambiti in cui “l’uomo può fare meglio dei robot”, quello del mestiere più antico del mondo è uno di quelli.
Nel suo paper, pubblicato sul “Journal of Evolution and technology”, Dahaher spiega che “molte persone che perderanno il loro lavoro tradizionale potrebbero scegliere quello sessuale per sostenersi”, virando sui lavori relativi al sesso, dai più classici fino ai coach, veri e propri allenatori che seguono il proprio “atleta” sia prima che durante la “partita”.
E per questo lavoro inutile specificare che allenamento c’è da fare.