Questo è il peggior inizio di anno basato sulle prime diciannove settimane a partire dal 1932.
Allora si era nel pieno della Grande Depressione. Questa volta la sensazione è quella di trovarsi in un contesto che potremmo definire del Grande Sostegno. O per meglio dire, della fine del grande sostegno che le banche centrali hanno continuato ad assicurare a partire dalla crisi del 2008 a tutti gli asset finanziari.
Le banche centrali hanno invertito la rotta e stanno consentendo un “return to the mean” veramente tremendo. Non possiamo dire di non essere stati avvertiti. Al limite dovremmo ammettere di non aver preso troppo sul serio gli avvertimenti, così intenti nel rincorrere la nuova IPO che rivoluzionerà il mondo.
I numeri sono implacabili e sanciscono senza dubbio che questo sia un mercato Orso (e sembrerebbe anche bello grosso). La sensazione è però quella che al di là della mole dell’animale, questo contesto non porterà a una recessione duratura come in passato, ma più probabilmente ad un rallentamento o al limite ad una recessione contenuta (2 trimestri).
La ragione risiede nel fatto che quanto in atto è stato perfettamente pianificato da parte delle banche centrali (specie la Fed). Dunque, la situazione sarebbe completamente diversa rispetto ai precedenti bear market dove le banche centrali correvano a mettere una pezza, programmando alla giornata per tenere in piedi la baracca. Questa volta invece la Fed sta gradualmente ottenendo l’inasprimento desiderato delle condizioni finanziarie attraverso un dollaro più forte, prezzi azionari più bassi e mutui più alti. Tutti fattori che peseranno sulla crescita della domanda, sul mercato del lavoro e infine sull’inflazione.
Rispetto agli anni Settanta, dove fu necessario oltre un decennio e due recessioni, vuole però fare molto più in fretta e senza necessariamente arrivare alla recessione.
Un piano ambizioso. Non a caso JP Morgan intravede già all’orizzonte dei possibili tagli nei tassi di interesse:
2023 (prima parte) dal 3% al 2.40%
2023 (seconda parte) dal 2.40% al 1.5%
2024 (prima parte) dal 1.5% al 1%
Al di là dei numeri più o meno convincenti, la cosa interessante di questa impostazione è la configurazione a gaussiana della curva con l’apice superiore coincidente al rischio più elevato di recessione e dal quale la Fed inizierebbe a tagliare.
Chiaro che ciò sarebbe inevitabilmente subordinato al fatto di aver ottenuto risultati convincenti nel placare l’inflazione. Se l’inflazione sarà davvero scesa e la crescita economica non eccessivamente compromessa, si potrà dichiarare una prima vittoria. Se viceversa non si otterranno risultati soddisfacenti o ci si troverà in recessione o la discesa delle borse si sarà tradotta in fragilità del sistema finanziario, allora tutto sarà più complicato.
Come detto il piano è ambizioso e per il momento ne vediamo solo la prima parte coi cali negli assets finanziari, i primi rialzi dei tassi e con roboanti dichiarazioni che intimidiscono i mercati nell’intento di raffreddarli ulteriormente.
Non ci vorrà molto per vedere il resto. Se con qualche mese di sofferenza, si riuscirà a ridare equilibrio a un mondo ormai da tempo destabilizzato, la Fed avrà ottenuto un risultato eccezionale e il costo sostenuto sarà il miglior investimento per il prossimo decennio.