La donna e la Costituzione italiana

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Il 2 giugno del 1946 gli italiani e le italiane, reduci dal secondo conflitto mondiale, decisero di riappropriarsi della propria libertà e umanità, scegliendo la Repubblica e eleggendo democraticamente le persone che avrebbero scritto la nuova Costituzione italiana.

Per le donne fu una giornata doppiamente storica perché finalmente ebbero il diritto di voto e poterono eleggere ed essere elette. Le prime donne elette furono poche infatti le madri costituenti erano solo 21 mentre i padri ben 535: è ben noto tuttavia che quelle 21 donne diedero un contributo fondamentale nella scrittura della Costituzione. Ritrovare allora le donne negli articoli della Costituzione diventa un modo per svelare e riconoscere la nostra piena cittadinanza.

L’Art. 1: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Prendendo alla lettera tale articolo saremmo indotti a pensare che le donne che in Italia non lavorano, circa il 63,9 % della popolazione non siano pienamente cittadine. In realtà l’articolo non parla di lavoro retribuito ma piuttosto in lavoro nel senso più ampio del termine condizione che sancisce, senza tema di smentita, che noi donne siamo tutte pienamente cittadine.

L’Art. 2 introduce il riconoscimento da parte della Repubblica dei diritti inviolabili dell’uomo: grazie a questo articolo dal carattere universale nel tempo si sono potuti sancire per le donne diritti quali il diritto al divorzio, all’aborto nonché più recentemente le leggi contro lo stalking e contro il femminicidio. L’inviolabilità dei diritti delle donne è però tale solo conseguentemente all’Art. 3 che sancisce che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, sono uguali di fronte alla legge senza distinzione di sesso.

Un’uguaglianza che però non deve essere solo formale ma anche sostanziale rimuovendo tutti gli ostacoli che impediscono questa uguaglianza “di fatto”, specificazione molto importante che fu voluta da Teresa Mattei, una madre costituente.

L’Art. 34 si rivolge al diritto allo studio: l’Italia sia il primo paese al mondo per partecipazione femminile ai percorsi di studio terziario e superiore: a fronte di ciò le donne italiane incontrano ancor oggi notevoli, talvolta insormontabili, difficoltà e resistenze per esprimersi pienamente nel mondo del lavoro e nella vita culturale e scientifica.

L’Art. 36 riconosce al lavoratore il diritto a una retribuzione proporzionata, quindi anche alle donne che riescono a trovare e a mantenere un’occupazione.

Il lavoro delle donne è inoltre espressamente tutelato dall’Art. 37 che riconosce alle donne gli stessi diritti del lavoro, diritti che si devono combinare con un’adeguata tutela della maternità.

Al lavoro imprenditoriale è dedicato l’Art 41 e a questo proposito è da rimarcare che in Italia si registrano 51.000 donne imprenditrici e 1.437.000 imprese femminili. L’Art. 45 riconosce invece il valore del lavoro e della cooperazione, consentendo cooperative di 600.000 donne e imprese artigiane di 330.000 donne.

Nella dimensione della partecipazione pubblica, l’indispensabile libertà di parola è riconosciuta dall’Art. 21: non si può tuttavia tacere che le donne non riescono ancora pienamente ad esprimerla ed in tal senso basta ricordare quante difficoltà ancora incontrano a scrivere nelle prime pagine dei giornali o a contribuire con la loro competenza nei convegni, troppo spesso ad appannaggio degli uomini. La libertà di parola e l’esercizio della democrazia sono anche indispensabili per ripudiare la guerra, principio previsto dall’Art. 21 nel quale il termine “ripudio” venne proprio preteso e imposto non a caso dalle madri costituenti: nella guerra le donne sono protagoniste ma in quanto vittime e mai artefici, da qui l’importanza di ripudiare la guerra attraverso l’assicurazione di una democrazia basata su una intensa e costruttiva attività politica, sia dentro le istituzioni che fuori. A tale proposito l’Art. 49 riconosce la libertà di associazione in partiti, nei quali ad oggi ben 122.000 donne svolgono concreta e fattiva attività. L’elettorato attivo è riconosciuto all’Art. 48 e riguarda tutte le donne di età adulta che hanno diritto, circa metà della popolazione italiana. Purtroppo le donne non fanno sempre tesoro di questo diritto conquistato tanto faticosamente: nel 1946 le donne che andarono a votare furono l’89%, nelle ultime europee solo la metà delle aventi diritto.

Oggi abbiamo tante donne elette in parlamento e con ruoli di governo (34%) condizione che dimostra un significativo progresso rispetto alle sole 21 madri costituenti ma ciò non deve essere considerato un risultato ancora soddisfacente in quanto non dimostra una reale parità, tanto che nessuna donna ha ancora ricoperto il ruolo di presidente del consiglio o della Repubblica. A dimostrazione di ciò vale la pena citare il Global Gender Gap Report del 2020 che denuncia come l’Italia sia 76esima su 153 paesi per distanza che la separa dalla parità rispetto agli uomini in tutte le dimensioni lavorative.

La Costituzione dopo 73 anni appare ancora bellissima e quanto mai attuale, certamente fonte d’ispirazione per una nuova ripartenza a condizione di rispettare e perseguire, senza se e senza ma, i suoi obiettivi al fine di portare a termine quel progetto di libertà ed uguaglianza che le madri ed i padri costituenti ci hanno regalato.

 

Francesca Rizzi

 

Fonti

 

La Costituzione delle donne, Giovanna Badalassi e Federica Gentile

Women in Business

Women in Business is the first female association at the Bocconi University and in Italy; the objective is to actively contribute to a greater awareness of the topic of women empowerment through the creation of a female network which would be able to link Bocconi’s female students today with the University’s alumnae and working professionals.

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