Una data che ha segnato la fine e l’inizio di un’epoca. Dietro “la strage degli innocenti” si sono creati strascichi di paure, tensioni, atti di individualismo e quindi di elusione rispetto a ciò che è tipico dell’uomo: il suo essere animale sociale. Alcuni esperti l’hanno definita una guerra ibrida, non scandita dal tempo di un inizio e di una fine, ma finanziata dalle stesse vittime offerenti di canali globali e portatori di terrore, quali la comunicazione 2.0 di cui i nostri nemici ne fanno un uso superbo. Altri parlano di una presa di coscienza e intercorre il rischio di non riuscire piu’ a comprendere il significato delle parole “fratellanza” o “diversità”.
Una cosa è certa però, le nostre consapevolezze sono state scosse, i confini cancellati, brutalmente demarcati e ridisegnati in un terreno arido e sconosciuto, le domande appese ad un filo molto sottile così come le vite dei ragazzi di quel tragico venerdì sera. Coloro che hanno visto strapparsi via diritti, sogni e affetti mentre rivendicavano naturalmente e inconsapevolmente uno dei sacrosanti e indispensabili diritti dell’uomo: quello della condivisione della vita.
Ciò che resta al numero 50 del Boulevard Voltaire, oggi, è un accumulo di immagini colme di strazio e dolore, interrogativi e non risposte. Tuttavia si dovrebbe celebrare il ricordo di ciò che è stato professato e dimostrato, così importante che nessuna goccia di sangue o proiettile potrà mai cancellare: la libertà di essere ciò che siamo. Diversi eppure simili. Se da quel giorno le note festose che rimbombavano tra le mura del Bataclan hanno cessato di vibrare ed hanno lasciato il posto a delle immagini sconcertanti trascinate in ogni tiggì del mondo, quello che noi tutti invece dovremmo augurarci è che la musica torni a suonare, che la speranza prenda il posto del terrore. Ritrovare, quindi, il senso delle cose; che sia nelle pagine di un libro, in una partenza o in una sfida col destino.
I nostri occhi appannati dai troppi “perché” non riescono a vedere la realtà in modo oggettivo pertanto abbiamo deciso di approfondire codeste tematiche da un punto di vista micro e macroscopico attraverso l’esperienza e le parole del filosofo Diego Fusaro, docente presso l’Università Vita e Salute San Raffaele di di Milano, testimonianza preziosissima di sapere e consapevolezza: un patrimonio che non può essere ignorato/trascurato
Qualche giorno fa ha dichiarato che vi è una incoerenza tra i principi etici europei e gli articoli della nostra Costituzione. In uno scenario catastrofico come quello attuale parlerebbe di una Europa spettatrice o, in parte, causa e artefice dei misfatti?
Anzitutto il trattato di Lisbona (2007) permette tramite alcuni suoi articoli di intervenire affianco alla Francia nel bombardamento, infatti è quello che è stato invocato recentemente dai nostri politici italiani. Ciò che non si dice invece è che l’articolo 11 della Costituzione italiana ripudia la guerra. Pertanto ancora una volta offendiamo la nostra Costituzione per seguire i trattati europei, dove sorge un conflitto tra i due ed emerge l’incompatibilità. Inoltre i bombardamenti che l’Europa sta facendo ai danni della Siria sono un vero e proprio attacco imperialistico, terroristico, contro un Paese che è stato dichiarato nemico da tempo e che si attendeva solo il momento buono per bombardare. Per quanto sia molto grave la strage di Parigi non si capisce con che diritto si possa attaccare uno Stato che non ha rivendicato questo attentato, quindi dietro il falso nome del sangue versato stiamo dichiarando una guerra imperialistica e per di più terroristica.
La risposta a suon di bombe da parte di Francia e Stati Uniti è stata immediata. Potrebbe esistere un modus operandi più efficace rispetto alla strategia “occhio per occhio, dente per dente”?
Si è scelto di reagire alla terribile strage di innocenti, quella di Parigi, con un’altra strage di innocenti in Siria. In questo modo non se ne esce affatto perché i terroristi, essendo aggrediti, per risposta si sentiranno piu’ legittimati a bombardarci. Il sangue chiama sangue e ce lo ricordano le tragedie greche; quindi bisogna evitare di far aumentare i conflitti e di produrre una recrudescenza disastrosa. La soluzione potrebbe essere quella di non finanziare i terroristi, cercare alleanze con i Paesi in questione, tipo il governo di Assad, per farli fuori anziché bombardarli. Tuttavia questo punto è indiscutibile perché l’obiettivo già prescelto da tempo era quello di bombardare la Siria: Stato che resiste alla mondializzazione occidentale.
Nelle vesti di docente universitario, filosofo ma anche giovane uomo del suo tempo, quale pensa sia la strada da percorrere per poter immaginare un futuro democratico e libero?
Dico molto genericamente che l’Italia può salvarsi, come direbbe Alberto Bagnai: “può farcela!” se investe nella conoscenza e anziché fare tagli alla cultura universitaria, liceale e delle scuole medie crea nuovi finanziamenti per favorire lo sviluppo di una cultura saldamente umanistica basata sul greco, sulla filosofia, sulla storia dell’arte, ovvero sul patrimonio artistico italiano. Solo se c’è sovranità consapevole può esserci democrazia e questo ce lo insegna la vicenda della Grecia. Bisogna,quindi, liberarsi rispetto ad una vera e propria dittatura dei mercati, della finanza, che si sta compiendo tramite i trattati europei che spodestano la volontà popolare sovrana e rendono inutilizzabile la Costituzione, violandola. Di conseguenza impongono un potere transnazione del mercato che nessuno ha mai eletto, quali le banche e gli economisti che in camere chiuse decidono delle sorti dei popoli europei compreso quello italiano.
Tra i suoi libri ne ricordiamo uno su Antonio Gramsci, autore dissonante rispetto al nostro presente. Lo stesso affermava che “la storia insegna ma non ha scolari”. Crede che questa citazione sia rappresentativa rispetto agli eventi che si ripropongono ciclicamente?
In effetti Hegel, Marx e Gramsci sono tre autori a cui continuo a dedicare larga parte delle mie ricerche. Gramsci tra le varie frasi incisive ha scritto quella pocanzi citata e, in effetti, ha ragione. Ciò che manca oggi è una giusta comprensione razionale degli avvenimenti che permetta, attraverso una rielaborazione dei medesimi, di orientarsi nel presente evitando gli stessi errori del passato. Lo vediamo molto bene e possiamo dimostrarlo con degli esempi: il fatto che si dovesse bombardare la Siria perché era stato deciso già da tempo e che l’attentato sia stato il “casus belli” per dichiarare guerra dovrebbe farci correre la mente a quello che era già capitato con le inesistenti armi di distruzione di massa in Iraq, in forza delle quali si dichiarò guerra e si bombardò. O ancora quando si parlò, sempre in riferimento alla Siria, di armi chimiche anch’esse del tutto inesistenti. Ebbene lo scenario è questo: si verificano gli eventi che riproducono moduli già verificatisi in passato e non si riconosce il fatto che si potrebbe apprendere dalla storia. In questo senso Gramsci aveva ragione e credo sia un autore da cui bisogna ripartire oggi. La mia formula è “ripartire” non “ritornare”.