Nel 2020 Internet e i dispositivi digitali hanno giocato un ruolo essenziale nel permettere alle persone di adattarsi a un mondo condizionato dal COVID-19. Dagli appuntamenti medici virtuali alla spesa online, alla Didattica a Distanza su Zoom o su altre piattaforme, la delivery digitale dei servizi è diventata la norma per ampie fasce della società.
Ma non per tutti. Le persone meno esperte di tecnologia, spesso più anziane o provenienti da comunità sottorappresentate, non sono riuscite a stare al passo con il ritmo rapido del cambiamento. Questo significa che possono avere difficoltà ad accedere all’assistenza sanitaria, ai sostegni statali, alle opportunità di lavoro e altro, dato che tutte queste attività richiedono sempre più l’accesso online, piuttosto che di persona o per telefono. Questo passaggio ai servizi digitali è stato accelerato dalla pandemia e non torneremo indietro, quindi dobbiamo affrontare un crescente divario digitale: il divario tra le persone che hanno le competenze e i mezzi per accedere ai servizi digitali e quelli che non le hanno.
Come nota positiva, secondo una recente ricerca VMware[1], la maggior parte delle persone crede di essere responsabile del proprio know-how digitale e di come migliorarlo, ma ha bisogno di supporto per agire su questo. Ecco perché è necessaria la collaborazione tra governi, università e industria. Insieme possiamo aiutare a dotare le persone della fiducia e delle competenze necessarie per accedere ai servizi digitali di cui hanno bisogno, colmando il divario e permettendo loro di partecipare pienamente alla società di oggi e di domani.
In particolare, dalla ricerca VMware emerge:
Un aumento dell’utilizzo di servizi digitali
- Nel 2020, in EMEA il 43% degli adulti ha abbracciato nuovi servizi digitali e ne ha apprezzato l’esperienza
- Il 60% degli intervistati si identifica come “digitalmente curioso” o “esploratore digitale, dato che nel nostro Paese raggiunge ben l’83%
Chi è digitalmente in ritardo rischia di rimanere indietro
- In EMEA, il 34% degli over 55 si descrive come “non digitalmente attivo” o “digitalmente ingenuo”, ma in Italia solo il 28% si definisce tale
- Il 64% (il 73% in Italia) teme che i propri parenti più anziani non riescano a stare al passo con il mondo digitale
- Più di uno su tre (37% in EMEA, 31% in Italia) ha la sensazione di perdere il controllo man mano che la tecnologia pervade sempre di più la sua vita quotidiana
Responsabilità di formare le competenze digitali
- Il 59% degli intervistati (62% in Italia) ritiene di essere responsabile della crescita delle proprie competenze digitali
- Per il 29% degli intervistati nel nostro Paese a essere responsabile è la scuola o l’Università, per il 16% lo Stato e per l’11% la responsabilità deriva da una collaborazione fra Pubblico e Privato
- Se si sposta l’attenzione sul soggetto di cui più ci si fida per l’aumento delle proprie competenze digitali, il 60% dichiara se stesso, il 28% degli intervistati nel nostro Paese ha fiducia nella scuola o l’Università, il 16% nello Stato e il 13% in una collaborazione fra Pubblico e Privato
[1] Ricerca Digital Frontiers – The Heightened Customer Battleground” commissionata da VMware per esplorare i legami tra innovazione tecnologica, persone e società. Dati europei di Italia, Spagna, Francia, Germania e Regno Unito, raccolti dal 17 novembre 2020 al 15 gennaio 2021. Il sondaggio è stato condotto da YouGov e ha incluso 6.109 partecipanti adulti, effettuato online.
Raffaele Gigantino, Country Manager, VMware Italia