Lo stabile disequilibrio non è il “nuovo gold standard”

Ognuno di noi, addetti ai lavori o meno, si trova a “maneggiare” le categorie delle azioni, derivati, commercio internazionale, finanza e globalizzazione. Gli andamenti di queste variabili sono imputabili alla crescita economica, andamento dell’inflazione, fatturati e utili delle aziende, prezzo del petrolio e livello dei tassi interesse, tuttavia hanno a che fare, da più lontano, con la scelta (storica) fatta da Nixon, maggiormente famoso per lo scandalo Watergate (1974), il quale, nel 1971, cancellò la convertibilità del dollaro in oro, definendo il percorso economico sino ai giorni nostri, e ponendo le basi per l’introduzione dell’€uro.

Le conseguenze di quella decisione furono due di carattere strettamente economico: la prima, gli Stati Uniti abbandonavano l’impegno di convertire in oro i dollari detenuti nel mondo (1944 – accordo di Bretton Woods); la seconda, che avvenne qualche anno dopo, fu quella di passare da un sistema di cambi fissi ad un regime di cambi fluttuanti. La terza, sicuramente la più importante, di valenza normativa, era di fornire un maggiore grado di libertà ma soprattutto autonomia nella politica monetaria. La moneta poteva essere creata senza avere la disponibilità dell’oro e quindi anche le Banche Centrali sono diventate soggetti in grado di perseguire obbiettivi di politica economica nazionale rispetto al mandato precedente della stabilità monetaria. Ora è il momento di chiedersi se il cambiamento sia stato usato bene. In questi 50 anni, sono loro, le Banche Centrali ad aver pilotato le sorti dell’andamento delle economie.

Noi abbiamo accettato di ricevere la moneta a fronte di beni e servizi sulla base della fiducia che altri la accettassero come mezzo di pagamento. Tutto ciò ha liberato le capacità innovative, produttive e commerciali a livello globale. L’abbandono del Gold Standard ha “sdoganato” il processo della Globalizzazione, questa non è figlia dell’ingresso della Cina nel commercio internazionale, viceversa solamente nel 2001, il Gigante Asiatico coglie l’opportunità, tuttavia per necessità, di far parte della World Trade Organization (WTO). Il dollaro dal 1945 al 1971 era stato la moneta di riferimento nel sistema economico internazionale sulla base di regole fisse (Gold Standard – conversione del dollaro in oro al prezzo di 35 $/oncia), Nixon si era reso conto che circolavano più dollari di quanti gli Stati Uniti erano in grado di convertire in oro, nonostante ciò, ugualmente il dollaro, dopo il 1971, ha mantenuto il ruolo di guida delle sorti monetarie del Mondo in base alla fiducia che viene riconosciuta alla Banca Centrale Americana.

Avviata la modalità dei cambi flessibili abbiamo vissuto un veloce  sviluppo delle tecnologie e crescita delle economie (specialmente quelle asiatiche), abbiamo goduto di una rapida liberalizzazione della mobilità dei capitali e, altresì, anche un aumento dei fenomeni delle bolle finanziarie, ma conseguenza  peggiore,  un forte incremento delle disuguaglianze. Tutti i Paesi, per far crescere la propria economia, inizialmente hanno adottato politiche monetarie ultra espansive che hanno comportato continue svalutazioni della propria moneta, in una rincorsa senza fine. Ultimamente tutto ciò non bastava, e ci siamo spinti anche oltre, in un territorio sconosciuto, rendendo operativa la metodologia della Nuova Teoria Monetaria (MMT), che sostiene non ci si debba preoccupare troppo dell’ammontare del debito dei Governi. I debiti governativi sono il risultato della differenza tra gli introiti dalle tasse e le voci di spesa e investimenti dello Stato.

L’aliquota media dell’imposta sui redditi societari globali tra il 1985 e il 2018 è scesa dal 49% al 21%.  I debiti governativi si sono accumulati con il passare degli anni e questa differenza nei bilanci pubblici viene finanziata attraverso la sottoscrizione di titoli utilizzando il risparmio privato a livello internazionale. Quando non è bastato, sono intervenute le Banche Centrali “stampando” nuova moneta (QE) per non ricorrere all’aumento del gettito dalla tassazione. Per rendere l’idea potremmo sintetizzare: “il convento è povero, ma i frati (pochi!) sono ricchi”.  Gran parte degli importi delle tasse che si sono potuti non pagare sono stati utilizzati dalle aziende per premiare gli azionisti attraverso il riacquisto di azioni proprie e pagamento di dividendi. Il grafico visualizza l’andamento del mercato azionario.

Ricordiamoci, tornando alle motivazioni “nobili” originarie, che il sistema monetario internazionale, dal 1971, regge unicamente sulla fiducia; non bisognerà abusare di questa fiducia, se i risparmiatori a livello globale cominciassero a dubitarne, si renderà sempre più necessaria l’intervento delle Banche Centrali con l’acquisto di titoli da parte delle stesse, spingendo i tassi reali (al netto della inflazione) in territorio negativo, situazione che stiamo vivendo. Con i rendimenti reali negativi si può rendere sostenibili gli enormi debiti governativi, ma la contropartita di questa politica, è la perdita, da parte delle stesse Banche Centrali, della “autonomia nelle politiche monetarie” che era l’aspetto fondante della scelta di abbandono dello “Gold Standard” nel lontano 1971. Da una volontà virtuosa siamo entrati in un circolo vizioso.

Non illudiamoci che la situazione attuale di “stabile disequilibrio economico, finanziario e monetario” sia la nuova normalità, una sorta di “gold standard sintetico” : l’attenzione per il prossimo futuro nella gestione dell’economia globale non sarà solamente l’andamento del PIL, parametro per quanto necessario ma non più sufficiente, diverrà fondamentale la gestione del ciclo del debito accumulato, e il riaggiustamento potrà avvenire se le Banche Centrali raggiungeranno un maggiore coordinamento nelle politiche monetarie, altrimenti si rischia che il riaggiustamento avvenga tramite shock sui mercati finanziari.  Per 26 anni dalla fine della Grande Guerra abbiamo adottato lo “Gold standard”, poi siamo passati ai cambi flessibili per altri 50 anni ed ora potremmo essere prossimi ad una revisione del sistema monetario internazionale.