Impiantare un microchip nell’uomo in modo tale da rendere i suoi neuroni connessi con l’IT, esattamente come si fa con un computer. E’ questo il progetto a cui stanno lavorando alcuni studiosi di tecnologia.
Con un microchip impiantato nell’uomo si sarebbe così capaci di rilevare, elaborare, schematizzare agevolmente, ma non solo , cercare informazioni e “surfare” la rete tutto in maniera indipendente. Sarebbe come avere un traduttore che passa facilmente dall’informazione umana a quella tecnologica, e poi le fonde in un unico pensiero e risultato. Non si avrebbe più la necessità di portare con sè devices tencologici, poichè si sarebbe sempre ed inesorabilmente connessi.
Ma è davvero questo quello a cui si vuole arrivare? Ci sono dei limiti a tutto e molto spesso le ricerche nel campo tecnologico non tengono conto del benessere umano.
“Tutto sommato non si possono non considerare i lati positivi” spiega Phillip Alveda, manager del Nesd program. “immagina tutto quello che diventerà possibile quando noi aggiorneremo e miglioreremo i nostri strumenti, rendendoli capaci di aprire un canale diretto tra l’uomo e la tecnologia”. Tra i tanti potenziali aggiornamenti, ci sono applicazioni appositamente studiate e pensate per migliroare i problemi di connessione, di rilevazione, di crackaggio e di hackeraggio. Non si tratta quindi di un esperimento isolato, di una prova o di un idea buttata lì senza pretese, quanto piuttosto di un progetto composito ed articolato fatto di consapevolezze, di studi, esperimenti e di un’amore smisurato per la tecnologia
La determinazione di questi scienziati lascia ben pensare sulla riuscita, anche se non immeidata, della loro impalcatura di tecnologie attitudinali in background. La questione da sottoporsi, però è forse più morale e risponde alla chiara,semplice e sempre efficace domanda: it worths? La risposta è ovviamente soggettiva, ed ancora una volta torna in auge l’importanza di un pensiero indipendente, che nessun device può dare.