“Negli anni ho visto molte ragazze nate per fare questo mestiere ma non abbastanza forti, che ai primi ostacoli si sono scoraggiate”. E’ questione di carattere, determinazione e spirito di sacrificio. Nicoletta Manni, prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano sin da bambina ha saputo tracciare la rotta del proprio destino. Un percorso naturale il suo, a portata di mano, “sono stata avviata da mia mamma che ha una scuola di danza”, e un talento fuori dal comune. Oggi, la Manni, è una danzatrice poliedrica, versatile, che si è confrontata con diversi stili, moltissime nella sua carriera le nuove produzioni in cui ha debuttato così come i grandi titoli del repertorio che l’hanno vista protagonista, sia alla Scala che nel corso di prestigiose tournée internazionali. La vediamo, proprio nel corso di questi giorni, in scena nello spettacolo “Woolf Works” per la prima volta alla Scala, nella città meneghina, dal 7 al 20 aprile. Accanto a lei troviamo Federico Bonelli, Alessandra Ferri come protagonista e il Corpo di Ballo del medesimo Teatro in un nuovo straordinario debutto. La nostra Manni è protagonista del secondo atto dal nome “Becomings” che si ispira ad “Orlando”, romanzo iconoclastico di Virginia Woolf. Narra di un personaggio fantastico che attraversa tre secoli senza invecchiare, cambiando perfino sesso strada facendo. “Virginia Woolf era molto interessata alla fantascienza, all’astronomia e alle cose “altre”, e questo si adattava proprio alla mia estetica aliena” ha commentato il coreografo McGregor, che in questa occasione crea un mondo ipercinetico, con laser che inondano il palcoscenico e il Teatro. Trovate tutte le informazioni relative alla produzione e al cast data per data a questo link. Intanto, vi lasciamo viaggiare sulle onde di una storia che ci ha incantato. Quella di una giovane prima ballerina che è rimasta fedele alla bellezza dei propri sogni.
Cosa significa essere la prima ballerina del Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano?
Sicuramente una grande gratifica per i tanti sacrifici fatti. Anche se mi piace guardarlo più come un punto di partenza perché la nomina non vuol dire essere arrivati al massimo delle proprie potenzialità. Credo che un danzatore non debba mai fermarsi, nonostante possa ricevere dei riconoscimenti. Diventare prima ballerina ha rappresentato una grande soddisfazione ma anche una grande responsabilità: quando vai in scena come prima ballerina del teatro alla Scala il pubblico si aspetta una performance di primo livello.
Come si è avvicina al mondo della danza classica?
Ho iniziato a praticare la danza da subito seguendo un percorso naturale: da piccolissima sono stata avviata alla danza da mia madre che insegna nella sua scuola in provincia di Lecce. A tredici anni ho fatto l’audizione per entrare alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala: sono entrata al 4° corso e ho portato avanti gli studi fino al diploma. Avendo terminato la formazione accademica a 17 anni, poiché ero ancora minorenne non mi è stato possibile fare audizioni in Italia. Per questa ragione sono andata al Balletto del Teatro dell’Opera di Berlino dove ho danzato per tre anni e mezzo. Sono contenta di aver fatto questa bella esperienza all’estero, ma, quando mi ha chiamato alla Scala l’allora direttore Makhar Vaziev, sono stata felice di rientrare in Italia. Sono sempre rimasta legata alla Scala: anche se mi fa comunque molto piacere ballare nei teatri di tutto il mondo, la Scala è sempre stato il mio teatro.
Come consuetudine vuole ha dovuto lasciare casa molto presto, appena 12enne, quando è stata ammessa alla scuola di ballo dell’Accademia del Teatro alla Scala. A quell’età una scelta così drastica implica una grande dose di determinazione, è così? Ci racconti un aneddoto legato agli anni della formazione a Milano.
Determinazione sicuramente al primo posto. L’inizio è stato sicuramente entusiasmante: ero di fronte al cambiamento, a una vita nuova e soprattutto stavo finalmente realizzando il mio sogno. Ma ero pur sempre una bambina che si trasferisce lontano da casa. Col passare dei mesi e degli anni, vedendo anche che le mie compagne che abitavano nelle vicinanze potevano tornare tutti i week-end a casa, la mancanza della mia famiglia ha cominciato a farsi sentire. Però la passione e la voglia di andare avanti erano sempre molto forti, mi hanno aiutata a superare le tante difficoltà. Non solo quelle di staccarsi dai genitori e dalle proprie abitudini, ma anche quelle di natura pratica. Entrare in un’accademia, stare sempre in convitto con i compagni, nonostante si respiri una bellissima atmosfera, è difficile da gestire a quell’età. Ho avuto l’appoggio della mia famiglia che, nonostante la lontananza, è sempre stata presente. Mi è stata vicina e mi ha sostenuta in tutti i momenti di debolezza, aiutandomi a capire che avevo fatto la scelta giusta. Credo, poi, che conti molto anche il carattere. Negli anni ho visto molte ragazze nate per fare questo mestiere ma non abbastanza forti, che ai primi ostacoli si sono scoraggiate
Qual è il ricordo legato alla sua carriera che conserva con più emozione?
Uno dei momenti fondamentali è stato l’incontro con il mio ex direttore Makhar Vaziev, che mi ha riportata alla Scala e mi ha aiutata a entrare in questo mondo. Lui mi ha dato tantissime possibilità, fino alla promozione a prima ballerina.
La danza classica è da sempre sinonimo di devozione e rigore; cosa sente di consigliare a chi vorrebbe imboccare la sua stessa strada?
Il mio consiglio è sicuramente quello di non mollare mai. Se l’obiettivo è diventare un ballerino in tutti i campi della danza, che sia classica o moderna, il mio suggerimento è quello di portare avanti la propria passione mettendoci tanto impegno, tanta forza di volontà, carattere e soprattutto umiltà, perché senza quella non si arriva a diventare dei grandi artisti.
Dopo il diploma, nel 2009, è stata ingaggiata dallo Staatsballett di Berlino; cosa le ha dato questa ulteriore esperienza?
All’inizio è stata una scelta obbligata perché mi sono diplomata a diciassette anni. Essendo ancora minorenne, in Italia non ho potuto fare audizioni. La prima che ho sostenuto all’estero è stata a Berlino, dove mi è stato subito proposto un contratto per due anni. Ho deciso di approfittare di questa occasione, e credo che tutti dovrebbero fare un’esperienza all’estero che è di grande utilità. Per me è stata molto importante, mi ha permesso di danzare, come elemento del corpo di ballo, tanti titoli sia del repertorio classico che contemporaneo. Ho fatto la gavetta e quando son tornata a Milano ho rivalutato tante cose che prima mi sembravano poco rilevanti.
Tra i ruoli che ha interpretato in quale si è riconosciuta di più e perché, cosa le ha dato?
Non posso non ricordare il Il Lago dei cigni” nel 2013 e quella grande emozione, agitazione e adrenalina: un grande balletto del repertorio, che è anche il mio preferito e che è stato il mio primo ruolo da protagonista alla Scala.
Che cosa insegna la danza oltre alla danza in sé?
La danza è scuola di vita, insegna disciplina, rigore, valori ma anche insegna a condividere le fatiche e le soddisfazioni con i colleghi.
C’è stata o c’è una ballerina a cui si è ispirata o continua ad ispirarsi?
Non c’è stata una sola ballerina a cui mi sono ispirata ma sicuramente Polina Semionova, che ho avuto la fortuna di avere accanto nei primi anni a Berlino, è stata un modello per me.
Lei ha viaggiato molto pertanto può avere una percezione più obiettiva. Oggi l’Italia come si pone nei confronti della danza classica rispetto agli altri paesi e rispetto agli anni passati?
Attualmente in Italia il settore della danza sta attraversando un periodo di crisi anche perché gli investimenti sono sempre più esigui nonostante ci siano molti ballerini con ottime potenzialità, non dimentichiamo che molte delle più grandi ballerine e dei più grandi ballerini sono stati e sono italiani. Bisognerebbe cercare di avvicinare la grande danza ad un pubblico sempre più vasto così come sta facendo Roberto con i suoi ‘Bolle & Friends’.
Nicoletta Manni, oltre a ballare, cosa ama fare?
Purtroppo capita molto raramente di avere del tempo solo per me. Quindi, mi piace andare a casa dai miei genitori e passare del tempo con loro. Quando non riesco ad andare in Puglia mi faccio raggiungere da loro perché mi mancano sempre tanto.