Nel giro di un minuto nel Mondo vengono postate oltre 50.000 foto su Instagram, vengono mandati oltre 500.000 tweets su Twitter e postati oltre 700.000 commenti o stati su Facebook. Ogni 60 secondi vengono spediti oltre 16 milioni di messaggi, 156 milioni di emails, e fatti 990.000 swipe su Tinder. Stiamo creando intelligenze artificiali di ogni tipo, macchine che guidano da sole, case intelligenti e persino robot che ci faranno da medici. Tutte queste incredibili innovazioni hanno una cosa in comune: I DATI. Ci sono tre passaggi nell’industria dei Big Data: l’aumento esponenziale di dati, l’archiviazione degli stessi, e infine la capacità di utilizzarli in maniera innovativa. In questo articolo ci vogliamo concentrare nella fase di archiviazione. Nel 2010 nel Mondo sono stati creati 2 Zetabytes di dati, nel 2020 oltre 50, e la previsione che nel solo 2025 produrremo intorno ai 175 Zetabytes. Mentre la quantità di dati prodotti è in continuo e rapido aumento, così è anche l’importanza che essi hanno acquisito nella gestione delle aziende e nelle scelte individuali. Tutti conosciamo il termine Big Data, e come esso sia importante nelle imprese appartenenti a qualsiasi settore, quello su cui però viene data, spesso, poca attenzione è dove tutti questi dati vengano immagazzinati, dove vengano salvati e archiviati per essere poi utilizzati in modo innovativo. La risposta non è il famoso cloud, bensì sono hardware come quello che vedete in questa foto ad essere responsabili dell’archiviazione dei diversi file.
Come abbiamo descritto la quantità di dati prodotti è in continuo e rapido aumento e così anche gli archivi digitali, ed è per questo motivo che vale la pena chiedersi se i metodi di archiviazione utilizzati, sino ad ora, siano abbastanza efficaci ed efficienti, oppure, se in un prossimo futuro sarà meglio trovare nuove rivoluzionarie soluzioni al problema del “data storage”.
Una di queste nuove soluzioni prende ispirazione dalla più vecchia delle forme di archiviazione mai esistite sulla terra: il DNA, presente in ogni nucleo cellulare. Il DNA (Acido desossiribonucleico) è stato “inventato” con i primi batteri ed è capace di immagazzinare grandissime quantità di dati-informazioni in uno spazio ridottissimo (atomi). Per capire quanto sia potente il DNA, possiamo prendere come esempio noi stessi e il nostro genoma. Se infatti dovessimo stampare per intero il nostro genoma formeremmo una pila di fogli alta circa 130 metri, convertibile in alcuni gigaBytes di dati analogici. Questa lunghissima lista di A, G, C e T si trova in ognuna delle cellule del nostro corpo e, considerando che abbiamo circa 100 mila miliardi di cellule, possiamo immaginare le incredibili possibilità di questo strumento. Uno dei principali vantaggi, infatti, di usare la tecnologia del DNA, come metodo di archiviazione, è proprio questo, in quanto permetterebbe di archiviare incredibili quantità di dati in spazi microscopici. L’altra importante caratteristica è che non necessita di elettricità per funzionare, abbiamo infatti potuto leggere e identificare il DNA anche da esseri umani morti da tantissimi anni, addirittura da qualche dinosauro. Il DNA è quindi un ottimo metodo di archiviazione, la domanda che sorge è: possiamo utilizzare la metodologia del DNA per salvare i nostri files Word e PowerPoint? La risposta è sì, anche se con qualche “ma”. Grazie alla tecnica di “encoding” (processo di compressione dati-video) è infatti possibile “scrivere” dati binari nei filamenti di DNA e di fatto salvare ogni tipo di file in essi, da immagini a documenti di ogni genere. Questo processo è, ad oggi, estremamente costoso e quindi utilizzato quasi unicamente per facilitare il fluire dei dati in intelligenze artificiali – AI -, che sono responsabili della produzione di un enormità di essi. Nel futuro però utilizzare il DNA come metodologia di archiviazione potrebbe risultare vantaggioso per diversi motivi. Quando le tecniche di “encoding” diventeranno più diffuse e meno costose, il DNA porterebbe notevoli vantaggi, tra cui l’enorme riduzione dello spazio richiesto per archiviare dati e quindi dei costi di banda, la riduzione dei costi dovuti all’utilizzo dell’elettricità che non sarebbe più fondamentale, utilizzando il DNA, processare dei dati in forma “gratuita”, salvando i dati in forma batterica e molte altri vantaggi ancora.
Il DNA, ad oggi, non è ancora pronto per essere il nostro modo di salvare e archiviare file, nonostante ciò, è importante riconoscere che ha tutte le potenzialità per diventare il futuro prossimo nel mondo dell’archiviazione dei dati, una tecnologia che diamo spesso per scontata, ma che sta alla base di ogni nostra interazione con il nostro amato mondo digitale. Questa tecnologia potrebbe, nel medio periodo, essere all’inizio di una nuova rivoluzione tecnologica. Staremo a vedere!