Secondo le proiezioni delle Nazioni Unite la popolazione mondiale raggiungerà intorno alla metà del secolo la cifra di 9 miliardi di individui, determinando quindi un aumento della domanda di derrate alimentari; inoltre l’incremento della ricchezza in alcuni paesi come la Cina o l’India influisce positivamente sulla domanda di carne, uova, latticini. Sarà quindi necessario aumentare la produzione di mangimi come il mais e la soia. Come sottolineato dallo Speciale dell’Enea per Expo 2015, a quest’aumento di domanda dovrebbe corrispondere un aumento delle superfici coltivate, che però non è possibile a causa di diversi fenomeni come la deforestazione, l’espansione urbana, la desertificazione. E’ quindi necessario elaborare un nuovo modello di produzione agricola, che permetta di produrre di più usando meno risorse (meno acqua, meno terreno) in un’ottica più sostenibile e competitiva. Come fare quindi ad aumentare la redditività dei terreni in modo sostenibile? Affidandosi alla meccanizzazione, all’uso di fertilizzanti e alle tecniche di manipolazione genetica? E come la mettiamo col bio e il km 0? E se fosse invece possibile produrre prodotti ortofrutticoli senza… terreno? Sì avete capito bene, senza terreno.
E’ quello che fa l’agricoltura idroponica, una tecnica di coltivazione fuori suolo. In questo tipo di agricoltura il terreno è sostituito da un substrato inerte (argilla, fibra di cocco, lana di roccia…) e la pianta viene irrigata con una soluzione composta da acqua arricchita con tutti i minerali necessari per la crescita, tramite un sistema a riciclo continuo che quindi permette di risparmiare notevoli quantità di acqua, senza l’utilizzo di pesticidi e insetticidi. La luce del sole può essere sostituita da illuminazione artificiale e le condizioni ambientali vengono continuamente monitorate per fornire alle piante le condizioni climatiche ideali. La possibilità di alimentare al serra esclusivamente con energie rinnovabili, inoltre, la rende ancora più sostenibile.
Questo tipo di coltura presenta innumerevoli vantaggi: la possibilità di produrre senza la necessità di un terreno fertile, con rese tra l’altro molto maggiori; ridurre drasticamente l’utilizzo di acqua e di utilizzare esclusivamente fonti rinnovabili; isolare contaminazioni dal terreno oltre che di svincolarsi dalla stagionalità, producendo tutto l’anno prodotti sicuri e tracciabili.
Peraltro, l’agricoltura idroponica non è solo un metodo che può rivoluzionare la produzione su larga scala, ma anche quella fai-da-te. La dimostrazione viene dalla Danimarca, dove recentemente è stato lanciato il progetto Impact Farm: consiste in una serra verticale idroponica di piccole dimensioni (su due piani, circa 163 mq in tutto) che può essere facilmente montata (e smontata) e pronta per l’uso in 10 giorni. La struttura è realizzata con materiali di recupero ed è progettata per alimentarsi con energie rinnovabili. E’ possibile piantare erbe, frutta e verdura. Il primo prototipo è stato montato ed è attualmente in funzione a Copenaghen. La flessibilità della struttura permette di adattarla a molti ambienti diversi: l’idea infatti è quella di riutilizzare spazi urbani in disuso (parcheggi abbandonati, depositi inutilizzati). Nei prossimi mesi verranno raccolti dati sull’andamento della produzione e sui consumi di acqua ed energia. L’obiettivo è vendere i prodotti a ristoranti locali e cittadini in un mercato settimanale organizzato vicino alla serra. Inoltre nei prossimi mesi è prevista l’organizzazione di workshop per insegnare ai cittadini le tecniche agricole.
Ma che sapore hanno gli ortaggi del futuro? Da una produzione in serra, senza terreno e magari anche fuori stagione ci si aspetterebbe un sapore alquanto artificiale. Ebbene, per quando non sia un campione statisticamente rilevante, ho effettuato un test cieco con tre tipi di pomodori ciliegini, rispettivamente ordinari, biologici e idroponici. Il risultato è stato contrario a qualunque mia aspettativa: i pomodorini idroponici sono stati in assoluto i migliori, sia per odore che per sapore. Che i pomodori 3.0 siano in grado di restituirci il sapore dei pomodori di una volta?