Tra i vari cambiamenti che le aziende si trovano ad affrontare nel contesto post-pandemia risalta la necessita di reinventarsi, di rimodellare le proprie attività. Questo processo deve partire dalla creatività. Steven Eppinger, professore presso la MIT Sloan School of Management, e Marek Kowalkiewicz, professore alla QUT, offrono uno spunto di riflessione sul perché le aziende debbano offrire stimoli per la creatività, e come questo abbia riscontri positivi sia sulla rendita dell’azienda sia sul benessere dei singoli lavoratori.
Introduzione
Produttività ed efficienza sono spesso sinonimi di azioni ripetitive e standardizzate, che richiedono velocità e capacità statiche, anziché curiosità e creatività. Nonostante la consapevolezza dell’importanza di una work force che sia critica e creativa, spesso nelle attività giornaliere delle aziende si perde questa prospettiva. Ma come si può implementare la creatività nei processi aziendali?
La curiosità e la creatività, per quanto sembrino astratte e soggettive, assumono efficacia solo quando diventano una pratica quotidiana. Quindi anche per loro, come per un esame o una maratona, si applica il principio per cui la costanza dell’esercizio è proporzionale ai risultati. Tuttavia, al contrario di altre skills, questo risulta più difficile da comprendere per la creatività. I leaders di oggi hanno il compito di rendere questo esercizio consueto e di stimolare la curiosità tra i loro colleghi.
Design thinking e produttività: sono veramente agli antipodi?
L’idea che la curiosità sia sinonimo di innovazione è alla base del concetto di design thinking. Steven Eppinger ha approfondito ulteriormente l’apparente incompatibilità delle pratiche delle aziende con la creatività, domandandosi se effettivamente uno escluda l’altro. Sicuramente, l’immediatezza e la monotonia di molte azioni, ripetute continuamente dal lavoratore, precludono lo sviluppo della curiosità. Secondo il professore del MIT, si può sfruttare questa ripetitività inserendo delle pratiche che stimolino la creatività, per fare diventare anche questa un’abitudine invece che un’eccezione. Il professore ha recentemente lavorato con una compagnia multinazionale per l’imballaggio del cibo, che adotta una catena di produzione in cui i singoli processi sono divisi in sotto progetti che testano tecniche e conoscenze diverse (il cosiddetto agile project management). Il processo di portare il cibo fino all’imballaggio è stato suddiviso in cinque passaggi: design, ricetta del prodotto, packaging, produzione, e immissione nel mercato. L’unione di design thinking con agile activities si è rivelata vincente.
Il non sapere stimola nuovo sapere
Un altro punto affrontato dai ricercatori è strettamente collegato all’idea che la reputazione dell’azienda sia direttamente proporzionale a quanto specializzati e performanti nel proprio task siano i suoi impiegati. Da questo segue la tendenza a considerare più capaci e “attraenti” agli occhi di chi li assume quei lavoratori che sono altamente specializzati, con skills che rispondano alle richieste di uno specifico settore. Tuttavia, questo approccio inibisce la curiosità e lo sviluppo stesso dell’azienda. Il pensare di sapere già tutto non porta il soggetto a essere critico e a porsi delle domande. Al contrario lo porta a sentirsi sicuro delle sue capacità e ad appoggiarsi alle sue ottime conoscenze, che sono tuttavia settarie e non riflettono la complessità di un’azienda o del mercato.
Per fare fronte a questo problema, il professore del MIT suggerisce delle pratiche che i leaders dovrebbero includere nel loro portfolio di skills. La curiosità e la ricerca personale sono stimolate dalla diversità, ovvero da un’ambiente eterogeneo. Questo può essere raggiunto, per esempio, assegnando un progetto a persone appartenenti a dipartimenti diversi. Il confrontarsi con persone con conoscenze diverse dalle proprie stimola la condivisione di idee e la capacità di uscire dalla propria comfort zone per esplorare nuovi punti di vista. Inoltre, nell’interfacciarsi con persone altamente specializzate in settori in cui si è meno esperti, l’individuo è costretto a mettersi alla prova, a rendere le proprie conoscenze duttili così da riuscire a dare un contributo positivo. Questo stimola una ricerca personale, altamente gratificante per il lavoratore che riscopre sia se stesso sia il suo lavoro, che risulta ora ai suoi occhi ricco di potenziale e opportunità.
Quali sono i benefici di stimolare la curiosità per l’azienda?
Le conseguenze della pandemia non hanno lasciato nessuno indifferente: in modi e con intensità diverse hanno scosso tanto i nuclei familiari, quanto le catene produttive e le pratiche quotidiane delle aziende. A queste è richiesto un processo di reinvenzione e innovazione costante, per non soccombere all’incertezza e alle pressioni esterne e interne. Una risorsa importante diventa il capitale umano, in particolare la curiosità che si trasforma in capacità creativa. Eppinger usa la tipica analogia del bambino curioso: come i bambini si interrogano continuamente su quello che li circonda, allo stesso modo i veri leaders sono responsabili per creare una cultura basata sul design thinking. L’azienda non dovrebbe essere fondata sull’idea di lavoratori che subentrano già costruiti e specializzati al massimo delle loro potenzialità, a cui è richiesto una mera applicazione delle loro capacità. Al contrario, l’approccio vincente consiste nel creare un ambiente fertile, ricco di stimoli, dove menti diverse possano interrogarsi a vicenda, migliorandosi in prima persona e innovando allo stesso tempo l’azienda stessa.
Francesca Aiuto