Intro
L’invasione Russa dell’Ucraina continua a lasciare molte domande senza risposta. Quando, all’interno del Cremlino, si è presa la decisione che questa fosse inevitabile? Come mai l’uso dell’aviazione russa, in particolare di cacciabombardieri, è stato così ridotto? Chi ha orchestrato le esplosioni sul ponte di Crimea che hanno portato Putin ad iniziare la campagna di bombardamento delle infrastrutture critiche dell’Ucraina?
Oggi, però, la mia intenzione è quella di esaminare un evento in particolare che lascia molti dubbi, ovvero il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 avvenuto lo scorso settembre nelle acque del mar Baltico. Recentemente, le rivelazioni del NYT hanno riacceso il dibattito attorno a questo “incidente”. Sono molti gli attori internazionali che sono stati impattati dall’ evento, ma non vi è certezza su chi sia il responsabile.
In Occidente, non appena la notizia delle esplosioni è stata resa pubblica, la Russia è stata immediatamente additata come esecutrice, prima addirittura che i fatti fossero accertati. Questo non sorprende considerando che l’idea condivisa dalla maggior parte dell’opinione pubblica è che la Russia sia responsabile per la guerra in sé. Inoltre, in passato, il Cremlino è stato già ripetutamente accusato di azioni simili in risposta ad atti percepiti come ostili da parte di potenze straniere. Si pensi alla guerra del 2008 tra Russia e Georgia, prima della quale varie esplosioni misteriose sono state registrate su oleodotti e gasdotti, per le quali Mosca è stata additata come probabile colpevole.
Cosa sappiamo per certo
A prescindere dalle posizioni personali circa le responsabilità nella più ampia guerra, è necessario analizzare con obiettività ciò che è successo nel mar Baltico per non cadere nella trappola della propaganda che proviene da entrambi i lati, la quale non lascia spazio all’incertezza ed attribuisce responsabilità che sono “ovvie”.
Partiamo da quello che si sa per certo. I gasdotti Nord Stream 1 e 2 si estendono per oltre 1200 chilometri. Partono nei pressi di San Pietroburgo, ed attraversano il Mar Baltico per arrivare in Germania. La loro capacità di trasporto tocca i 110 miliardi di metri cubi di gas all’ anno, ovvero il 40% di tutto quello che la Russia avrebbe potuto offrire all’ Europa.
Ognuno dei due gasdotti è composta da un tubo in acciaio spesso circa 4 centimetri e rivestito di calcestruzzo con uno spessore variabile dai 6 agli 11 centimetri lungo tutta la sua lunghezza. Queste caratteristiche rendono i tubi molto resistenti e sono state in parte concepite proprio per resistere a possibili tentativi di sabotaggio.
Il 26 settembre 2022, però, due esplosioni con conseguenti perdite di gas sono state registrate nel mar Baltico, vicino all’ isola di Bornholm, nelle zone economiche esclusiva di Svezia e Danimarca. Considerando la vastità dei danni, gli esperti concordano unanimemente che questi possano essere stati causati solo da esplosioni, e non eventi naturali sottomarini.
Qui i fatti certi finiscono. Al momento, infatti, quantomeno tre investigazioni indipendenti sono in corso, messe in atto da Svedesi, Danesi e Tedeschi. Ben poco però è stato dichiarato ufficialmente dalle autorità di questi paesi, che anzi hanno dichiarato di non voler divulgare risultati preliminari. Dati questi presupporti, sono stati gli analisti indipendenti a farsi avanti ed ipotizzare cosa sia realmente successo.
Si suppone che gli esplosivi possano essere stati piazzati da sub attivi nella zona di interesse, che le esplosioni siano avvenute a seguito di attacchi da parte di droni sottomarini, che mine possano essere state sganciate da imbarcazioni o addirittura che gli esplosivi si trovassero all’interno delle tubature, trasportate da robot utilizzati per la loro manutenzione.
La domanda cruciale che tutti si pongono però è qual è il paese che sta dietro a questo presunto “atto terroristico”. Ora prenderemo in esame tre possibili ipotesi su chi possa essere responsabile: la Russia, gli Stati Uniti o l’Ucraina.
Russia
Come scritto in apertura, a seguito delle esplosioni nel mirino è finito immediatamente il Cremlino, che considerando l’avvicinarsi dell’inverno sarebbe potuto essere interessato a bloccare le forniture di gas per far schizzare i prezzi. Il ragionamento sarebbe stato il seguente: grazie a prezzi elevati i costi per le famiglie saliranno, la produzione industriale energivora rallenterà e le opinioni pubbliche europee premeranno sui loro governi affinché questi lavorino per un cessate il fuoco in Ucraina.
Naturalmente i portavoce di Zelensky hanno immediatamente accusato la Russia di aver “perpetrato un atto terroristico in acque NATO”, con la speranza di spingere i paesi membri dell’alleanza atlantica a partecipare più attivamente nelle operazioni militari contro la Russia. Per quanto possa sembrare cinico questo ragionamento, è assolutamente normale per un paese in guerra cercare di sfruttare ogni opportunità per accrescere il supporto dei propri sostenitori.
Ci sono però vari aspetti dell’accaduto fanno dubitare del fatto che ci sia la mano lunga del Cremlino dietro a questo incidente. Innanzitutto, non è immediatamente chiaro perché a Mosca sarebbe convenuto danneggiare, in maniera possibilmente irreversibile, gasdotti costati decine di miliardi di euro. Infatti, considerando la possibilità di “chiudere il rubinetto” alla foce, il risultato sarebbe stato praticamente equivalente: lo stop alle forniture dirette dalla Russia alla Germania.
Inoltre, sebbene sia vero che la Russia possa vendere parte del proprio gas alla Cina, la perdita dei mercati alternativi in Europa indebolisce significativamente la posizione negoziale del Cremlino aumentando la dipendenza da Pechino. Questo non può essere stato un obiettivo di Mosca.
Da ultimo va detto che, come sottolineato dagli Ucraini, il sabotaggio è avvenuto in acque NATO, luogo di stretto monitoraggio delle comunicazioni e del transito di navi nella zona. Però, come scritto dal Washinton Post, nemmeno gli Stati Uniti, che monitorano con costanza le comunicazioni russe, hanno potuto ottenere degli inizi certi circa il loro coinvolgimento.
USA
Per quanto riguarda le possibili responsabilità degli Stati Uniti, va notato in prima battura che questi sono stati critici per anni circa la realizzazione del Nord Stream 2, sottolineando a più battute nei fori internazionali come la dipendenza dei paesi Europei e della NATO dalle forniture di gas russo fosse contraria agli interessi nazionali.
Inoltre, a poche settimane dall’invasione di fine Febbraio 2022, durante una conferenza stampa congiunto tra Biden e il cancelliere tedesco Olaf Scholz, il presidente americano ha affermato che gli USA avrebbero “messo fine” al gasdotto Nord Stream 2 in caso di attacco russo all’Ucraina. Incalzato da una giornalista presente in sala sulle modalità di un’operazione simile, Biden ha detto “prometto che saremo in grado di farlo”.
Un altro fatto da considerare è che a seguito dell’esplosione, l’ex ministro degli esteri polacco Radek Sikorski ha twittato “Grazie, USA” con una foto ritraente il luogo dell’incidente. In aggiunta, il Segretario di stato Americano Antony Blinken ha chiamato l’incidente “una opportunità straordinaria [per l’Europa] di porre fine una volta per tutte alla dipendenza dall’energia russa”.
Da ultimo, va trattata la questione del gas naturale liquefatto (GNL). Infatti, non potendo la Russia più fornire in quantità gas all’ Europa, l’imperativo per i paesi del vecchio continente è diventato quello di trovare partner alternativi. Se da un lato l’Algeria si è dimostrata volenterosa di aumentare le proprie forniture tramite tubatura all’ Italia, questo non è stato sufficiente per coprire le forniture russe. Per compensare questo gap, gli import di GNL sono aumentati.
A tal proposito, la prima cosa da notare è che per sua natura il GNL è più costoso di quello trasportato con i gasdotti. Infatti, questo deve essere raffreddato per essere liquefatto, caricato su enormi navi refrigerate, trasportato e poi de-liquefatto per essere utilizzato a destinazione. Nel 2022 circa il 40% delle importazioni di GNL da parte dell’Europa sono arrivate dagli Stati Uniti, in aumento rispetto agli anni precedenti.
Va chiarito che l’interesse commerciale americano nelle esplosioni dei gasdotti Nord Stream non è una prova di colpevolezza, ma dimostra l’interesse di alcune società americane nell’ accaduto. Infatti, orchestrate un’operazione così rischiosa, che può essere giustamente ritenuta un atto terroristico contro un’infrastruttura civile è molto rischioso, a fronte di benefici commerciali limitati.
Ucraina
Da ultimo, va valutato l’interesse Ucraino (e di gruppi provenienti da potenziali paesi amici come la Polonia) nel sabotaggio di Nord Stream. Kyiv è infatti tra i paesi che hanno di più da guadagnare dallo stop delle forniture russe, ed ha chiesto esplicitamente di imporre un embargo sul gas russo. Le esplosioni avvicinano di fatto questa realtà.
Inoltre, se per gli USA il gioco sarebbe potuto non valere la candela, considerando i rischi associati ad un’operazione segreta nelle acque dei propri alleati, gli Ucraini sono quelli propensi a rischiare di più, dato che hanno già la guerra “in casa” ed è difficile che le cose vadano molto peggio.
Il problema di fondo con la versione Ucraina è capire se Kyiv ha effettivamente le risorse per condurre un’operazione del genere. Le rivelazioni del NYT citate in apertura mettono in parte l’enfasi proprio su questi aspetti. Da un lato, l’uso di droni kamikaze sottomarini per attaccare le navi russe in Crimea e l’assassinio di Daria Dugina (figlia del filosofo Eurasiatico Alexander Dugin che alcuni dicono essere vicino a Putin) in territorio russo hanno dimostrato una certa capacità, dall’ altro però l’ operazione sottomarina in acque NATO risulta essere più complicata, anche considerando il fatto che l’Ucraina non affaccia sul mar Baltico.
Ed è qui che entra in gioco la Polonia che affaccia su tale mare con una costa di oltre 500km. Come Kyiv e Washington, anche Varsavia si è opposta per anni alla costruzione di Nord Stream 2, non da ultimo per favorire il proprio progetto di gasdotto, il “Baltic Pipe”. Questo tubo collega il paese alla Norvegia, ed è da anni il caposaldo del progetto polacco per ridurre la dipendenza energetica da Mosca. Quasi paradossalmente, questo gasdotto è stato inaugurato il giorno successivo alle esplosioni che hanno danneggiato i gasdotti Nord Stream.
Conclusione
Prima di tratte conclusioni affrettate, ed attribuire con certezza la responsabilità dell’incidente, va detto che ad oggi non si hanno prove definitive della colpevolezza di alcun paese. Non solo la Russia, ma anche Stati Uniti ed Ucraina avrebbero potuto avere l’interesse a fermare i gasdotti Nord Stream nel mar Baltico. Varie investigazioni nazionali sono attualmente in corso, ma dai pochi dati che trapelano nessuna di queste è giunta ad una conclusione definitiva.