Costruttore di auto elettriche, produttore di batterie, sviluppatore di software, assemblatore di vaccini. Il suo fondatore, Elon Musk, ha definito Tesla una catena di startup che svolgono attività non necessariamente correlate fra loro. Il mercato crede a tal punto nelle potenzialità di questo ecosistema innovativo da aver riconosciuto alla società una valutazione di borsa superiore ai 500 miliardi di dollari. Per le stesse caratteristiche Tesla rientra stabilmente nell’indice Fortun
Strategia, investimenti, persone: le qualità delle imprese vitali. Ricavi, margini, utile. I tradizionali indicatori di bilancio sono una misura dei risultati già ottenuti da una società, ma non sempre un buon indicatore delle performance future. Per valutare le prospettive di successo delle grandi imprese, perciò, il BHI ha elaborato l’indice di vitalità aziendale, utilizzando
Cina e Stati Uniti dominano la mappa della vitalità. Stati Uniti e Grande Cina (includendo Hong Kong e Taiwan) sono sede per 40 delle 50 imprese vitali. Il dato non sorprende dato che nei due Paesi si concentra anche il 70% delle imprese a più alta crescita negli ultimi tre anni. La quota europea nella lista Fortune Future 50 è lievemente aumentata per il secondo anno consecutivo a spese della Cina che ha visto scendere la sua rappresentanza dell’8%. Nondimeno, con sole quattro società nell’indice, tra cui l’olandese Adyen (6°) e la svedese Spotify (10°), il Vecchio Continente rimane molto lontano dalle due superpotenze. Il divario si spiega in parte con la mancanza in Europa di campioni digitali che ancora una volta occupano la maggioranza dell’indice. Quest’anno, d’altra parte, è salito dal 12 al 22% il numero di aziende appartenenti al settore farmaceutico e biotecnologico che nella pandemia hanno dovuto dirottare i loro sforzi di ricerca sul vaccino contro il coronavirus oppure trovare soluzioni innovative per compensare i danni del rinvio delle cure non urgenti. In generale, infine, le imprese vitali tendono a essere giovani e di medie dimensioni perché di norma maturità e grandezza irrigidiscono i processi decisionali, ostacolando l’innovazione. Come dimostrano Amazon, Adobe e Dassault il declino non è però inevitabile. L’importante è mantenere vivo lo spirito imprenditoriale nella forza-lavoro, adottare piani di sviluppo flessibili per cogliere le opportunità quando si presentano e misurare i propri risultati con parametri prospettici quale, per esempio, la percentuale di vendite derivante da nuovi prodotti o servizi.
La ripresa delle aziende vitali è più veloce e più ampia. La pandemia è stato uno choc anche per le imprese vitali che, però, hanno saputo recuperare più in fretta e in misura più ampia. Le società incluse nella lista Future 50 del 2019 hanno impiegato 15 settimane per tornare ai livelli pre-Covid-19 in borsa rispetto ai sei mesi dell’indice Msci World e oggi viaggiano il 20% al di sopra quella soglia. La crisi ha infatti reso improvvisamente attuali tendenze di lungo termine a cui le imprese vitali erano già preparate da tempo o verso cui hanno saputo con prontezza riorientare i loro piani strategici. La loro capacità di guardare avanti e reinventarsi continuamente si è così trasformata in un immediato vantaggio competitivo. Parafrasando lo scrittore Francis Scott Fitzgerald, la vitalità non si dimostra solo con la tenacia, ma anche con la capacità di ricominciare da zero.