Parigi piange. In questi giorni capitale di un’Europa sotto attacco, un attacco terroristico senza precedenti in Europa: il drammatico bilancio conta 129 morti, 352 feriti, di cui 99 gravi.
Ma su una cosa in particolare bisognerebbe soffermarsi: gli obiettivi degli attacchi e giorno e ora dell’ esecuzione. Locali notturni, lo stadio di Parigi, il live club Bataclan durante un concerto heavy metal. Sparatorie nell’XI arrondissement di Parigi, altri colpi di arma da fuoco a boulevard Beaumarchais e a Faidherbe, tutti e tre luoghi a pochi metri da place de la Bastille, tutti frequentati dalla popolazione giovanile francese.
Si tratta di un chiaro attacco ai giovani francesi. Ai giovani europei. Studenti, giovani lavoratori, ricercatori, insomma, la “Generazione Erasmus” nel mirino dei terroristi .
Appena dopo l’irruzione del commando jihadista gli amici l’avevano persa di vista. Subito dopo gli affannosi messaggi in rete, le ricerche protratte per ore negli ospedali perché Valeria proprio nei giorni scorsi aveva perso i documenti e, quindi, anche fosse stata ferita, identificarla poteva rivelarsi arduo. Alla fine, la triste conferma ufficiale della Farnesina è arrivata: Valeria Solesin, 28 anni di Venezia, volontaria di Emergency, è morta durante l’attacco al Bataclan. Il suo viso di ragazza solare, intelligente, con l’ottimo curriculum di studi, sensibile ed attiva nello studio e nel sociale, le sue ricerche sul welfare da garantire alle donne che fronteggiano lo stress del lavoro e la gestione della famiglia, ora è in rete: si affianca ai visi e alle storie delle altre vittime che sfilano sui social.
A Parigi i terroristi hanno colpito la biografia di una generazione: la generazione dei giovani che, come Valeria, hanno scoperto il mondo con l’Erasmus, il programma di mobilità studentesca, di scambio tra studenti universitari di Paesi diversi, avviato dalla Comunità Europea nel 1987. Assieme a Valeria Solesin, lo scorso venerdì sera, c’erano suoi coetanei venuti da altri continenti, a Parigi per studiare, per imparare nuovi lavori, per trovare nuove opportunità al di fuori del loro Paese. “Un modo per conoscere a fondo il luogo dove era andata a vivere temporaneamente, per soddisfare la voglia di essere d’aiuto oltre a quella di conoscenza” commenta la mamma della vittima. Sembravano essersi dati appuntamento lì, spezzata dal fuoco dei terroristi.
Sono questi giovani e il futuro che rappresentano, il primo obiettivo della violenza fondamentalista scatenata dalle pattuglie della jihad. Scorrendo l’elenco dei morti, e degli oltre trecento feriti durante la tragica notte di Parigi, se ne ha la triste conferma: nel campione di umanità rimasta vittima degli attacchi avvenuti pochi giorni fa la quasi totalità è composta da giovani, tra i 20 e i 35 anni, arrivati a Parigi da una quindicina di Paesi diversi, perché a Parigi ci lavorano o ci studiano. Sono uomini e donne curiosi, tolleranti, preparati e altrettanto generosi da impegnarsi nel sociale. Lo dicono le testimonianze struggenti loro dedicate in rete da famigliari, amici, dai compagni di studio e di lavoro. “Era una persona meravigliosa – ha detto Luciana, la madre di Valeria – e non lo dico come mamma. In questo momento l’unica cosa che ci preme è ricordare che nostra figlia era una persona, una cittadina e una studiosa meravigliosa”. “Mi mancherà molto – ha sottolineato – e credo che mancherà anche al nostro Paese, all’Italia, per le doti che aveva”.
La rete, nell’era della “società della conoscenza”, oltre che il luogo degli incontri, delle scoperte, può essere anche il posto degli addii, dei legami che neppure la violenza può spezzare, del passaggio di consegne dentro una generazione che cambierà il mondo e non si farà arrestare. Tanto di cappello a tutti quei giovani che, in queste ore più che mai, utilizzano i social per rivendicare il diritto alla sicurezza. La lotta culturale al terrorismo deve partire in primo luogo dai giovani europei che credono e lavorano per l’equilibrio culturale tra identità e dialogo.