Attenzione a non finire come il Giappone: tra finzione e realtà

Sappiamo che la storia non si ripete, tuttavia la narrazione è utile, si traduce in esperienza. Premessa per addentrarci in una storia di politica economica recente, che non ci potrà lasciare indifferenti e, sicuramente, qualche ansia salirà.

In questi periodi ai primi accenni di rallentamento della crescita economica, tutti i responsabili politici e banchieri centrali si sono affrettati ad annunciare forti stimoli fiscali e monetari; che altro avrebbero potuto fare! tuttavia, prima di sperare in risultati soddisfacenti, è meglio rileggere la vicenda economica giapponese .

Non ci resta che iniziare, e come tutte le narrazioni avrà un protagonista, una trama dove il protagonista lotta per raggiungere gli obbiettivi e un finale che non sempre sappiamo decifrare.

Il Giappone, dopo la seconda guerra mondiale, ha avuto una crescita rapida e sostenuta della propria economia, merito anche del contributo degli americani per la ricostruzione. Una crescita che continuò sino alla fine degli anni ’80, quando, anche nelle aule universitarie le lezioni di casi di successo delle aziende giapponesi erano raccontate come esempio virtuoso. Arrivati agli anni ’90 si presentò l’altra faccia della medaglia della crescita, la scoppio della bolla finanziaria e per il successivo decennio (definito il “decennio perduto”), il PIL giapponese continuò a decrescere, i prezzi e i salari scesero. Bisogna puntualizzare che la bolla finanziaria aveva delle motivazioni esclusivamente monetarie da ascrivere, nel Settembre 1985 al Plaza Hotel di New York, quando i ministri finanziari e banchieri centrali del G 5+1 (Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti con l’aggiunta del Canada) avevano deciso di rivalutare lo YEN, gonfiando così i prezzi delle attività finanziarie. Le conseguenze di quella decisione nel commercio internazionale, deprezzandosi il dollaro, fornì ossigeno all’industria manifatturiera in particolare automobilistica americana. Come dimostra il grafico seguente dei tassi d’interesse, la Banca Centrale del Giappone (BOJ) tentò di gestire la bolla finanziaria attraverso una serie di rialzi a partire dal ’89 e per i primi anni ’90.

Tuttavia, nel 1992 la BOJ mollò la presa sui tassi pur di ridare nuovo vigore alla propria economia, e sino ai giorni attuali, dal 6% ha portato i tassi sostanzialmente a 0%; sono circa venti anni durante i quali i governi e banchieri giapponesi con tassi nulli alternano politiche di Quantative Easing (QE) e politiche di stimoli fiscali (infrastrutture, riduzione tasse, deregolamentazione …). I risultati, ahimè, sono che la crescita del PIL e inflazione non riescono a distanziarsi dallo zero. Ultimamente ciò che ha cambiato una lunga fase di stagnazione dell’economia è stato il deprezzamento dello Yen verso il Dollaro del 60% dal 2012 al 2015. Come si può notare dai cerchi rossi nel grafico, in due occasioni, la BOJ ha provato ad abbandonare i tassi zero; è durato poco, e ora hanno raggiunto un rapporto debito/PIL che è il più alto al mondo pari a 240%, mentre la politica fiscale produce un disavanzo in rapporto al PIL maggiore del 4%. La storia del Giappone sembra raccontare che sia possibile espandere i debiti governativi oltre livelli ritenuti accettabili e in ogni caso cavarsela seppure con una crescita modesta, tuttavia senza tracolli. Questa versione finale è ottimistica, ma è dovuta ad un contesto particolare di liquidità degli investitori (risparmio), leggi,  fattori culturali e situazioni macroeconomiche. L’esempio dell’economia giapponese sta sostenendo le scelte espansive delle Banche Centrali di Stati Uniti, Europa e Gran Bretagna. Il processo d’imitazione delle politiche economiche giapponesi potrebbe durare ancora  a lungo, ci sono spazi ampi di manovra per la FED, che ad oggi detiene debito per il 35% del PIL americano contro una partecipazione da parte della Banca Centrale giapponese pari al 100% del proprio PIL . La storia del Giappone ci racconta che la Banca Centrale ha continuato a reagire ad ogni rallentamento con politiche monetarie espansive sempre più aggressive, il risultato è stato che il debito pubblico e quello privato  è cresciuto a dismisura diventando però sempre meno produttivo. I parallelismi con la situazione dell’economia internazionale sono notevoli, vi è un corollario da non sottovalutare e destabilizzante per gli investitori: la percezione (finzione) di basso rischio finanziario ed economico associato ad anni di politiche monetarie espansive globali … attenzione … il debito mondiale nei dieci anni precedenti alla crisi “subprime” era passato da 74 a 150 trilioni di dollari, ora dopo altri dieci anni, siamo a 250 trilioni di dollari e i rendimenti sono tutti negativi, come vedete dalla tabella seguente :

Non vi è nessuna certezza che a livello globale riusciamo a cavarcela come il Giappone (stabilità finanziaria, nessuna crisi del debito e bassa crescita). Ho voluto abbozzare una trama, lasciando alla vostra mente aggiungere i dettagli mancanti, ponendo l’accento infine che le bolle economiche crescono e misurano la distanza tra finzione e realtà ma in ogni caso per il finale vale che “l’unica cosa certa del futuro è che è incerto”.