Cambio di paradigma

Quante volte l’abbiamo raccontato che non può continuare per troppo tempo la politica monetaria dei tassi “zero” iniziata dalla crisi del 2008. E così siamo giunti ai primi segnali d’insofferenza: il colosso bancario-assicurativo Allianz ha annunciato che smetterà di acquistare bond tedeschi con tassi negativi, le lamentele giungono anche da altre nazioni come Danimarca, Austria, Svezia e Svizzera. I risparmiatori tedeschi, notoriamente avversi al rischio, hanno preferito accumulare i loro denari nei conti correnti sino a raggiungere un patrimonio di circa 3000 miliardi di € anziché investire.

Altri risparmiatori invece si sono spinti verso “azzardi” alla ricerca del rendimento, con attività sempre più rischiose, rincorrendo i corsi delle azioni di imprese che, con il denaro a costo “zero”, hanno continuato ad effettuare operazioni di “buyback”. In questo modo si sono ridotti il numero di azioni in circolazione, si accresce l’utile per azione delle aziende, che alla fine determina un aumento del prezzo delle azioni, in sostanza aumentano gli utili per azione anche senza che vi sia stato un aumento reale dell’utile di esercizio. Correttamente qualcuno sosterrà che l’aspetto più interessante è l’aumento del patrimonio degli azionisti sul quale gli stessi azionisti non devono pagare le tasse, finchè non decideranno di vendere le azioni (prima o poi lo faranno).

Sembrerebbe un circolo virtuoso, e lo è fintanto che rimane un aspetto “fisiologico” dei mercati finanziari, ormai siamo sconfinati, data la lunga durata, nella fase “patologica”, e il magnate Ray Dalio, fondatore di uno dei più grandi Hedge Fund (Bridgewater), sostiene che siamo in procinto di un cambio di paradigma per i prossimi anni. La sua opinione è che le Banche Centrali hanno esaurito la loro forza, e anche se abbasseranno i tassi e riavvieranno il QE non basterà per creare credito sufficiente a sostenere la crescita. L’economia americana ha cominciato, seppur “a macchia di leopardo”, a mostrare segnali preoccupanti di rallentamento del ciclo di crescita. La General Motors ha tagliato migliaia di posti lavoro nel Midwest; la US Steel ha licenziato 200 lavoratori in Michigan; le vendite di camper negli ultimi dodici mesi sono diminuite del 23%; la compagnia petrolifera Halliburton sta lasciando a casa molti lavoratori; gli investimenti residenziali sono in diminuzione dal 2018 e l’occupazione nel settore edilizia è in contrazione da Marzo. Consoliamoci con i dati aggregati di Occupazione e Produzione in America che ancora non mostrano segnali di rallentamento, tuttavia come sempre “la valanga” nasce dal fiocco di neve e i presagi non sono dei migliori.

Le scelte per i Banchieri Centrali si fanno sempre più difficili, in particolar modo per Christine Lagarde, le cui ricette come Presidente del Fondo Monetario Internazionale, non sono state di grande efficacia, come nel caso attuale del nuovo default dell’Argentina, della sofferenza della Grecia e vedremo per l’Ecuador. La politica del Fondo Monetario attuata in questi anni è stata definita di “austerità espansiva”, fornire liquidità alla economia imponendo un rigoroso controllo nelle politiche fiscali dei Paesi. Speriamo che Lagarde, nella nuova veste di Presidente della Banca Centrale Europa, non voglia continuare ad applicare la stessa ricetta economica perché si è dimostrata quasi del tutto inefficacie nei risultati (vedi Grecia, Argentina, Thailandia). La tentazione di applicare la politica di “austerità espansiva” potrebbe essere di grande “appeal” nel panorama europeo, un Europa sempre alla ricerca  di formule di compromesso tra le diverse anime e necessita dei Paesi (il rigore fiscale dei paesi nordici e politiche monetarie espansive dei Paesi del Sud), ma questa volta i danni sarebbero ancora più seri, perché non è coinvolto un solo un Paese, ma una intera area economica e geografica dell’Europa. La stagione della gestione delle Banche Centrali sembra essere in seria difficoltà, attendiamo i prossimi aggiornamenti.