Nata nel pieno della crisi per aiutare ragazzi intraprendenti a trasformare le loro idee in start up innovative, Build it Up è una giovane e dinamica Associazione no profit con sede a Torino. Formata da team di studenti ed esperti, punta tutto su consulenza ed “education”, con l’obiettivo di promuovere l’imprenditorialità e di colmare il profondo gap tra formazione universitaria e mondo delle imprese. Oggi ce ne parla Nicolò Rabacchi, studente presso l’ESCP e, da Giugno 2014, il nuovo Presidente.
Nicolò, come nasce Build it up e come è cresciuta fino ad oggi?
Build it up nasce nel 2012 dall’idea di tre giovani studenti che nel pieno della crisi economica si sono resi conto della necessità di colmare il profondo vuoto tra il mondo universitario e quello imprenditoriale. Così, con uno spirito che può essere riassunto nell’aforisma “the best way to predict the future is to create it”, hanno pensato ad un’associazione no profit che fungesse da trait d’union fra le tante eccellenze universitarie, i manager di successo e i principali investitori.
Per darvi un’idea di come siamo cresciuti basta pensare che Il 24 giugno 2012, data di fondazione, Build it up aveva 0 partner, 3 associati e 0 idee ricevute. Ad oggi, invece, contiamo più di 30 partner, tra cui Google e Deloitte, 45 soci operativi, ben 293 associati che anno collaborato con noi, e abbiamo ricevuto più di 100 idee imprenditoriali. Al momento siamo operativi su Milano, Genova, Roma, Parigi, Londra e Berlino.
Quali sono le vostre attività principali?
Lo scopo sociale di Build It Up è quello di sviluppare l’imprenditoria principalmente attraverso due canali, uno di education e uno di consulenza strategica. Per quanto riguarda quest’ultima i nostri team di ragazzi ed esperti, in maniera totalmente gratuita, organizzano appuntamenti con investitori, realizzano analisi di mercato, business plans, budget, e altre attività simili.
Con education cosa intendi?
Build it up cerca di colmare la lacuna tra insegnamento teorico e competenze richieste dal mercato stimolando la voglia di fare impresa organizzando corsi e attività formative. Al momento, ad esempio, gestiamo un corso universitario di imprenditoria presso il campus Einaudi dell’Università di Torino. Poi ci sono i cosiddetti business games, eventi di una giornata in cui, la mattina, si possono ascoltare testimonianze di start up di successo, di organizzazioni imprenditoriali e di investitori e, il pomeriggio, i ragazzi si mettono in gioco elaborando delle idee e sottoponendole al giudizio della platea. Di recente ne abbiamo organizzato uno in Bocconi e altri al Politecnico di Milano, all’ESCP e a Genova.
Quanti sono gli associati e come li scegliete?
Al momento abbiamo quasi 50 associati che provengono dalle migliori università e che si dividono fra attività di consulenza ed education. Volendo privilegiare la qualità rispetto alla quantità, per diventare associati bisogna affrontare un rigoroso processo di selezione. Ciò che cerchiamo è spirito imprenditoriale, voglia di fare e di mettersi in gioco, e la condivisione della vision dell’associazione. Inoltre, ci dedichiamo costantemente alla loro formazione, insegnandogli a pensare fuori dagli schemi e stimolando la loro curiosità intellettuale anche attraverso training offerti dai nostri partner. A breve, ad esempio, ne inizieremo uno con Alessandro Zanotti di Boston Consulting Group.
Quali sono le migliori idee che avete lanciato?
Tra le idee principali c’è sicuramente una start up per l’apprendimento dell’inglese, che abbiamo aiutato per il network in ambito universitario, pubblicità e marketing e che oggi è diventata nostro partner. Poi c’è Horus Technology, che con la sua idea rivoluzionaria ha partecipato e vinto un nostro business game a Genova e che poi abbiamo aiutato in tutta una fase di challenging strategico all’idea. Ma, oltre alle idee lanciate, riteniamo che il nostro maggior successo sia stato avere, con le nostre attività, un “impatto” su più di 1000 persone.
Quali sono i vostri progetti futuri? E Come vedi lo scenario start-up in Italia?
Dal lato consulenza organizzeremo, come ogni anno, un “Investor Deal Table” a cui si incontreranno le start up più promettenti e i principali investitori con cui siamo entrati in contatto. Mentre dal lato education abbiamo appena lanciato un seminario di imprenditoria all’ESCP e lavoreremo per esportare i nostri business games all’Università del gusto di Pollenzo, all’Università Ca’ Foscari di Venezia e all’Università di Bologna.
Per quanto riguarda lo scenario italiano, si stanno moltiplicando le opportunità per trasformare idee in start up, e questo può avere una duplice interpretazione. Se da un lato, infatti, è una grande opportunità per i giovani che credono nei propri progetti, dall’altro, si rischia di alimentare una grande “bolla” a discapito di chi cerca di fare impresa seriamente. Anche se manca ancora una vision di lungo periodo sono sicuro che l’Italia ce la farà e penso che la giusta strada sia quella di coniugare la nostra tradizione manifatturiera e i modelli vincenti come cibo e moda, con le nuove competenze e le innovazioni tecnologiche provenienti dal mondo delle start up.